Si torna a parlare di vaccini e vaccinati. Fino ad ora l’Italia è in linea con gli altri paesi dell’UE in quanto a numeri di vaccinati: il numero delle dosi somministrate sul totale di vaccini disponibili si aggira all’80%. Al momento in Italia circa il 6% di vaccinati e oltre il 13% di persone che hanno ricevuto almeno la prima dose.
Questi dati stanno a significare che le fasce degli ultra ottantenni e ultra novantenni sono vaccinati rispettivamente intorno al 36% e al 43%, ma sotto quella soglia lo stop.
Soltanto il 2% della fascia d’età 70-79 è stato vaccinato, meno di tutte le altre fasce d’età, esclusi naturalmente gli under 20. I vaccini, quindi, sono per gli operatori sanitari più giovani, chi ha patologie particolari e gli insegnanti di tutte le età per far ripartire le scuole dell’obbligo, ma anche i professori universitari e il personale non sanitario, tra cui gli impiegati amministrativi degli ospedali.
Da questi dati si evince che si stanno lasciando indietro quelli che purtroppo subiscono maggiormente gli effetti della Covid e che riempiono le terapie intensive.
Secondo i dati dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) il tasso di letalità, per le persone positive over 70, è del 9% e diminuisce via via nelle fasce più giovani.
Considerato che le direttive sulle vaccinazioni sono lasciate in gran parte a discrezione delle regioni, la situazione dell’Italia non è uniforme e, pur di vaccinare, molte dosi sono state distribuite a categorie non prioritarie.
Una sola cosa è certa e valida per tutti: con la vaccinazione degli over 80, l’età di chi viene ricoverato è scesa in tutta Europa. Il vaccino in buona sostanza funziona e bisogna continuare a vaccinare i più anziani e i più fragili, perché sono loro che maggiormente riempiono le terapie intensive e rischiano di più la vita.