“Sono già passati cinque mesi dallo svolgimento dei test di ammissione alle facoltà a numero programmato o chiuso e, purtroppo, come era prevedibile è sceso il silenzio sulla questione legata alle criticità emerse dal blocco o dall’esiguità degli accessi, a fronte di una domanda abnorme da parte degli studenti e di una necessità di avere professionisti formati per impinguare organici ospedalieri ridotti all’osso“.
Lo dichiara il segretario nazionale Ugl Università, Raffaele Lanteri, che aggiunge “Nonostante nelle scorse settimane, anche in maniera bipartisan da parte della politica e non solo, vi siano diverse proposte per riformare la legge n° 264 del 1999, ancora oggi rileviamo che i vari proclami non hanno sortito l’effetto desiderato. C’è da temere adesso una nuova ulteriore perdita di tempo tale da riproporre la criticità con l’avvio dell’anno accademico 2019/2020“.
“L’emorragia di medici, dovuta ai pensionamenti ed alle piante organiche già carenti, sul territorio italiano continua a depauperare le risorse già esigue delle strutture, mentre i nostri giovani continuano ad aspettare e sperare di accedere a un concorso che oggi risulta soltanto essere un’occasione di business per i centri di formazione, che ovviamente chiedono cifre importanti per formare i futuri candidati ai concorsi di ammissione“.
“Quest’inspiegabile blocco o riduzione, paradossalmente, in vista degli ormai impellenti concorsi potrà assicurare invece la possibilità di inserimento utile in graduatoria a personale proveniente da paesi esteri, già formati. Per questo – continua il segretario – ribadiamo con forza la nostra posizione, ovvero quello di garantire un sistema più equo che permetta a tutti, naturalmente maniera razionale, il diritto allo studio magari immaginando di far proseguire solo i più meritevoli“.
“Certamente, non in questo modo nel quale rischiamo seriamente che la domanda è l’offerta non si incrocino o, peggio ancora, corriamo il pericolo di essere colonizzati da medici provenienti dall’estero della quale poco o nulla conosciamo sulle modalità di formazione, mentre i nostri giovani sono costretti a dover fare altro. Non ci sembra un percorso virtuoso, ed allora auspichiamo un po’ di buon senso che conduca da subito il legislatore a programmare seriamente per il prossimo anno, mettendo da parte questi inutili batti e ribatti il cui unico risultato è stato quello di rimandare nel tempo e far perdere di credibilità il mondo delle professioni sanitarie“.