Una folta delegazione delle due organizzazioni sindacali regionali sarà nella Capitale sabato 20 aprile per partecipare alla manifestazione organizzata dalle due sigle “per la salute e per un servizio sanitario nazionale forte, pubblico, universale e un sistema socio- sanitario a garanzia del diritto fondamentale di ogni persona e comunità”.
Uno stand “Sicilia” allestito con immagini e materiali informativi racconterà dello sfascio della sistema sanitario pubblico nell’isola. Mettendo assieme le difficoltà di accesso alle prestazioni- tra liste d’attesa lunghissime, reparti e ospedali che chiudono – e i bassi redditi, sono stati 800 mila i siciliani che nel 2023 hanno rinunciato alle cure. Chi può va a rafforzare le fila della cosiddetta “emigrazione sanitaria” che costa alla regione 177 milioni di euro (saldo negativo- ultimi dati). La Sicilia è la penultima regione d’Italia per prevenzione e spesso le malattie vengono accertate quando sono già in stato avanzato. I Livelli essenziali delle prestazioni non vengono garantiti (Lea 2021). Le disuguaglianze nell’accesso ai servizi e alle cure rispetto alle altre regioni incidono sulle aspettative di vita in buona salute: la Sicilia è la penultima regione seguita dalla Calabria con un gap che supera i 5 anni di vita rispetto al trentino e gli 11 anni rispetto alla provincia autonoma di Bolzano.
“Protestiamo, ancora una volta– dicono i segretari generali di Cgil e Uil Sicilia Alfio Mannino e Luisella Lionti – per chiedere assieme alle confederazioni nazionali investimenti sulla sanità pubblica. Servono risorse, riorganizzazione e un piano straordinario di assunzione di personale sanitario, con il superamento dunque dei tetti di spesa. Ma serve anche – aggiungono – un’azione politica del governo regionale diversa e incisiva, cosa che finora è mancata, con un impegno eccessivo su nomine e occupazione di posti di potere, mente nulla si sa del piano sanitario regionale”. In Sicilia mancano 18 mila figure professionali della sanità di cui 1.497 medici. La rete di emergenza e urgenza è in situazione critica. La Sicilia con 98 posti ogni 100 mila abitanti è ultima d’Italia per quanto riguarda le strutture residenziali e semiresidenziali. Una “situazione dunque disastrosa – affermano Mannino e Lionti – che ha pesanti ricadute su tutti nei termini di un diritto fondamentale negato e soprattutto sui soggetti più fragili della società. Cgil e Uil rivendicano il diritto a curarsi nel territorio in cui si vive – sottolineano – senza le lunghe attese che finiscono col pregiudicare la salute dei cittadini. Questo si traduce nella richiesta di investimenti e riorganizzazione, rivolta al governo nazionale e a quello regionale”. Ci sono da potenziare anche, per i sindacati, tra le altre cose, i servizi di salute mentale, l’assistenza domiciliane, la medicina del territorio. C’è insomma da rilanciare e adeguare la sanità pubblica con un forte investimento. Sono i contenuti della piattaforma di Cgil e Uil, che reputano “scandaloso che la Regione abbia investito la metà dei fondi dello Stato per l’abbattimento delle liste d’attesa per la metà nel settore privato”. “Solo un sistema pubblico accessibile a tutti- sostengono Cgil e Uil -può garantire il diritto universale alla salute e alle prestazioni sociali, creando benessere e occupazione”. A Roma si protesta pure per la sicurezza sul lavoro, per la riforma fiscale e per la tutela dei salari. “Punti critici anche questi in Sicilia – dicono i segretari generali regionali delle due organizzazioni – che ricordano la richiesta ancora inevasa di avere nell’isola un numero adeguato di ispettori sul lavoro per giungere all’obiettivo di zero morti”. Quanto alla riforma fiscale “dal recupero dell’evasione – dicono Mannino e Lionti – occorre reperire le risorse per sanità, istruzione, non autosufficienza diritti sociali, e smetterla di fare pagare solo lavoratori e pensionati”. Per i salari i sindacati chiedono “il superamento della precarietà, il rinnovo dei contratti e la loro puntuale applicazione nei posti di lavoro”.