E’ appena iniziato il conto alla rovescia dei trenta giorni durante i quali gli enti e le aziende siciliane dovranno aggiornare i piani delle risorse umane per individuare i posti vacanti da destinare ai lavoratori che hanno già prestato servizio in area sanitaria, socio-sanitaria e amministrativa durante l’emergenza pandemica. A stabilirlo è la direttiva firmata dall’assessorato regionale alla Salute e a seguito dell’intesa tra la Regione e le organizzazioni sindacali.
“La Rete Civica della Salute chiede a Governo e Sindacati, unitamente alla stabilizzazione, di puntare alla rifunzionalizzazione operativa, metodologica e valoriale di tutte le risorse umane del SSR, quelle esistenti e le nuove – sottolinea Pieremilio Vasta, coordinatore regionale della Rete Civica della Salute Sicilia – sì alle assunzioni, ma occorre prediligere la valorizzazione professionale e riequilibrare l’assistenza sanitaria tra territori e ospedali, per l’attuazione della medicina d’iniziativa e prossimità, potenziando le risorse sanitare esistenti e rimettendo al centro la tutela della salute degli utenti cittadini”.
Anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede dei fondi per “reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per un’assistenza territoriale interdisciplinare ed interconnessa tra servizi integrati e centrati sulla persona nel contesto di vita”. La Rete Civica della Salute siciliana, che avvicina il Sistema Sanitario Regionale agli utenti e riunisce oltre 68mila cittadini informati e centinaia di Riferimenti Civici in tutti i Comuni dell’Isola, esorta tutte le parti interessate a fare scelte più lungimiranti e a costruire una strategia di azione centrata sulle risorse umane e su percorsi formativi strettamente finalizzati alla ricaduta operativa e ai bisogni ad oggi insoddisfatti.
“Non bastano nuove risorse, nuove strutture ed apparecchiature, ma serve un nuovo modo di operare – conclude Vasta – non è solo confermando in servizio il personale precario che si risolvono le criticità legate alla discontinuità assistenziale e disconnessione tra assistenza primaria, specialistica, ospedaliera e riabilitativa, che fanno penare i cittadini e frustrare gli stessi operatori per lo stato dell’arte: prevenzione insufficiente, medicina territoriale scarsa, cronicità trascurata, ospedalità sovraccarica e urgenza che scoppia. Se non si dà alternativa di presa in cura più appropriata ed efficiente dell’ospedale e pronto soccorso, com’è adesso, non ci sarà personale sufficiente in numero e finanza pubblica disponibili a risolvere le rispettive carenze gravissime. Occorre il cambiamento culturale ed organizzativo dell’assistenza sanitaria, attraverso percorsi di preparazione/formazione”.