“Con un comunicato dell’8 marzo scorso, lo SNALS ha voluto ribadire come l’appartenenza universitaria, unitamente al richiamo costante alla Costituzione della Repubblica e alle sue Leggi, siano i due pilastri per la definizione di un percorso di relazioni sindacali, nel rispetto dei diversi ruoli, per mettere in sicurezza l’Istituzione Policlinico Universitario di Palermo, oltre richiamare la necessità, indefettibile, di applicare la Legge in tutte le sue articolazioni, iniziando dall’applicazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Istruzione e Ricerca, da poco rinnovato e che presenta delle importanti novità foriere di rilevanti opportunità.
Il richiamo alla sicurezza non è stato privo di fondamento, semmai sono forti e motivate le crescenti preoccupazioni per la grave ed intollerabile situazione di profonda crisi in cui versa il Policlinico di Palermo, non lontano da una sua, apparentemente irreversibile, china di declino. Il disorientamento presente nei Lavoratori dell’Azienda sta contribuendo a creare un forte malessere che rischia di sfociare presto in forme di disaffezione e protesta che metterebbero in serio pericolo il regolare svolgimento dell’attività didattica, di ricerca e di assistenza sanitaria”. È così che si legge in una nota realizzata dallo SNALS in merito allo “stato di salute” del Policlinico di Palermo.
“Lo SNALS ritiene indispensabile rafforzare gli elementi di convergenza, di unità e di solidarietà fra tutte le componenti dell’Università per respingere la logica dei privilegi e per affermare il ruolo centrale dell’Università nella dinamica socioculturale del territorio, a partire dalle Istituzioni della Salute. L’impegno delle autorità politiche ed istituzionali, locali e nazionali, come della cittadinanza sono imprescindibili per essere interpreti consapevoli ed attivi nel promuovere iniziative a difesa di beni comuni quali l’Università ed il suo Policlinico.
Il degrado e la decadenza del Policlinico hanno, già da tempo, oltrepassato il limite della tollerabilità: gli ultimi casi di cronaca non sono che la punta dell’iceberg di un intero sistema che, vacillante da tempo, si avvia ormai inesorabilmente al collasso: carente l’assistenza sanitaria, deficitari i servizi e la gestione del personale, apparecchiature obsolete e spesso in fermo tecnico, mancanza di presidi sanitari, ambienti precari dal punto di vista igienico e strutturale. Tutto ciò mentre una soffocante burocrazia costringe il cittadino a un estenuante andirivieni anche per la semplice prenotazione di una visita specialistica con attese per gli esami talmente lunghe da costringere gli interessati a rivolgersi a strutture sanitarie private o in atre regioni, più efficienti e disponibili a garantire le necessità di salute richieste.
È chiaro che tutto ciò comporta costi non indifferenti non solo per il privato cittadino ma anche per le stesse finanze pubbliche, costrette a corrispondere ad altre regioni o enti privati le prestazioni sanitarie che il nostro Policlinico, un tempo considerato polo didattico-assistenziale di eccellenza, almeno per la Sicilia occidentale, oggi non è più in grado di assicurare. È ormai eticamente intollerabile che, malgrado le denunce fatte anche da parte della scrivente organizzazione sindacale alle autorità competenti, si assista alla attuazione di un disegno politico mirato a devastare l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone”, dopo averne decretato la morte.
È fatto notorio che gli operatori di una struttura ospedaliera, medici e personale sanitario, sono tutti, ex lege, portatori di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto dagli articoli 2 e 32 della Costituzione, nei confronti dei pazienti, la cui salute devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità; cosicché l’obbligo di protezione perdura, non delegabile ad altri, per l’intero tempo del turno di lavoro. Da questo dovere, etico e deontologico, prima ancora che penalmente rilevante in caso di violazione, il medico- ed il personale sanitario – non può esimersi in alcun modo ma, del pari, deve essere posto nella condizione per poter operare al meglio, secondo scienza e coscienza.
Che i Direttori di Dipartimento (DAI), i responsabili delle Unità Operative, dei servizi ecc. abbiano il coraggio e la responsabilità civile di rifiutarsi di continuare ad operare senza avere sufficienti mezzi, strumenti e personale sanitario in grado di fornire adeguata assistenza alle persone pazienti che necessitano di cure urgenti ed efficaci per non mettere in pericolo la stessa vita dei malati. Non sono sufficienti le segnalazioni che, in qualche caso, sono state fatte ai vertici aziendali. Il silenzio è da considerare complicità.
Con una frequenza che ha ormai abbondantemente superato la soglia della pericolosità, si verificano situazioni, con particolare riferimento alle strutture ospedaliere, di allarmanti ed inammissibili disservizi, tali da generare una carenza di assistenza adeguata e rispettosa della dignità dei pazienti. D’altro canto, le situazioni lavorative hanno superato di gran lunga i limiti della tollerabilità, della sicurezza sui luoghi di lavoro, del rispetto della dignità degli operatori sanitari, con conseguente ricaduta sugli interessi dei pazienti e dei cittadini. Gli orari di lavoro sono spesso procrastinati oltre i limiti della resistenza umana, con un numero di ore di straordinario tale da incidere in maniera significativa sulla attività richiesta a tutela della salute dei cittadini. Gli ambienti, come più volte segnalato, sono spesso fatiscenti ed inidonei all’espletamento di una delicata attività quale quella sanitaria.
Questo tragico scenario rende ancora più inspiegabile il continuo rinvio dei concorsi per il reclutamento di nuovi infermieri, OSS e altre figure sanitarie. Tali assunzioni, infatti, permetterebbero di risolvere parzialmente le croniche carenze di personale che, oltre a essere una preoccupante fonte di stress, inevitabilmente inficiano la qualità del servizio offerto ai pazienti. Eppure, da anni, i vertici aziendali di turno, anziché adoperarsi per una rapida conclusione delle procedure concorsuali in atto, rinviano l’espletamento delle prove al fine di procedere alla nomina di nuove commissioni ovvero di emendare presunti errori presenti nei bandi. Altrettanto anomala è la decisione di destinare ad altre mansioni (ad esempio, l’attività didattica) alcune figure assunte per lo svolgimento di compiti unicamente assistenziali. È evidente che tali scelte dei vertici aziendali rendono ancor più critica la mancanza della forza lavoro.
In buona sostanza, tutte condizioni di una cultura foriera di possibili errori in danno dei pazienti e dei cittadini, con ricadute sull’intero sistema. La violenza fisica o verbale quasi sempre a danno di medici ed infermieri sono praticamente quotidiane, eppure Ministero, Assessorato e direzioni strategiche hanno ipotizzato programmi e misure specifiche per arginare il fenomeno. Purtroppo, poco o nulla è cambiato, in effetti la situazione si è degradata fino al punto innanzi descritto. La condizione attuale presenta in taluni casi dei disservizi tali da non essere in grado di assicurare la tutela della salute, costituzionalmente garantita, provocando un’interruzione di un pubblico servizio essenziale per il benessere dei cittadini. Le colpe di altri continuano a ricadere sempre e solo sui lavoratori.
Ci permettiamo di citare indegnamente un’autorità morale dei nostri tempi come il Cardinale Carlo Maria Martini: “Il paziente non è un cliente, l’ospedale non è un’azienda, la sanità è fuori dal mercato”. Il lavoro da fare al Policlinico di Palermo è molto: si tratta di ripristinare regole, luoghi, relazioni, competenza e tanto altro, seguendo un unico faro: la Legge. Come SNALS daremo il nostro contributo culturale ed operativo con lealtà e trasparenza nel rispetto dell’autonomia e della democrazia. Chiediamo dunque ai soggetti in indirizzo un urgente incontro riservandoci qualsivoglia azione a tutela degli operatori del Policlinico, dei pazienti e dei cittadini”, conclude la nota.