Ben dodici sistemi sanitari su ventuno non garantiscono sufficientemente i Livelli Essenziali di Assistenza e la Sicilia si piazza all’ultimo posto per quanto riguarda la prevenzione.
La tabella ministeriale già pubblicata da Quotidiano Sanità appare impietosa proprio in questo senso. Infatti, una lettura approfondita dei dati del Ministero della Salute che riguardano il monitoraggio dei LEA parla chiaro: la Sicilia sulla prevenzione colleziona un 48,48% contro l’80% della Lombardia.
Certamente vanno meglio i dati sulla assistenza distrettuale e su quella ospedaliera anche se la Sicilia non raggiunge l’80% superato da 5 regioni (Liguria, Piemonte, veneto, Emilia Romagna, Toscana) e la provincia autonoma di Trento, per quanto riguarda l’assistenza distrettuale, e da 3 regioni (Toscana, Emilia Romagna, Veneto) e sempre la provincia autonoma di Trento, per quanto riguarda l’assistenza ospedaliera.
La conferenza Stato-Regioni ha approvato lo scorso dicembre il modello di valutazione dei LEA che entrerà in vigore nel 2020. I dati sono relativi alla sperimentazione con una rilevazione relativa all’anno 2016 ma nulla fa pensare che questi dati siano migliori degli attuali.Ma cosa vuol dire aver rispettato i LEA? Il Ministero della Salute aveva scelto un set di indicatori per potere valutare la performance delle varie regioni o meglio dei 21 sistemi sanitari diversi che di fatto esistono nel nostro Paese. Nel caso della prevenzione gli indicatori sono sei:
- Copertura vaccinale nei bambini a 24 mesi per ciclo base (polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Haemophilusinfluenzae di tipo B);
- Copertura vaccinale nei bambini a 24 mesi per la 1° dose di vaccino contro morbillo, parotite, rosolia (MPR);
- Copertura delle principali attività riferite al controllo delle anagrafi animali, della alimentazione degli animali da reddito e della somministrazione di farmaci ai fini delle garanzie di sicurezza alimentare per il cittadino;
- Copertura delle principali attività di controllo per la contaminazione degli alimenti, con particolare riferimento alla ricerca di sostanze illecite, di residui di contaminanti, di farmaci, di fitofarmaci e di additivi negli alimenti di origine animale e vegetale;
- Indicatore composito sugli stili di vita;
- Proporzione di persone che hanno effettuato test di screening di primo livello, in un programma organizzato, per cervice uterina, mammella, colon retto.
Quindi una piena insufficienza per la Sicilia sulla copertura vaccinale ma anche su importanti attività veterinarie e sui controlli alimentari, stili di vita e screening.
Essere fanalino di coda su queste importanti attività vuol dire avere un sistema sanitario regionale incapace di fornire azioni di prevenzione efficaci ed efficienti che porterebbero ad economie di sistema con riduzione delle ospedalizzazioni e migliorando la qualità della vita dei siciliani.
Inoltre, il set di indicatori approvato dalla conferenza stato-regioni, in vigore da quest’anno ma che andrà a regime nel 2020, si è ulteriormente complicato: 16 indicatori per la prevenzione, 33 per l’assistenza distrettuale e 24 per quella ospedaliera.
Sono riportati anche indicatori per la valutazione del bisogno sanitario della popolazione, indicatori di equità e di efficienza dei percorsi diagnostico-terapeutici (PDTA).
Questo governo, e l’assessore Razza in particolare, si ritrova in una situazione imbarazzante nei confronti del resto d’Italia e soprattutto nei confronti della popolazione siciliana. Ma il nuovo documento sul monitoraggio dei LEA fa predire la catastrofe se non si corre ai ripari.
E’ doveroso, ci si augura rapidamente ed adeguatamente, programmare azioni efficaci per risalire la china anche se l’attuale situazione necessita una attenta analisi delle criticità e una progettualità a più livelli per riparare al pesante fardello ereditato.
Contemporaneamente anche l’assistenza distrettuale e ospedaliera necessitano di adeguata attenzione non solo perché non dobbiamo perdere la discreta posizione guadagnata ma soprattutto per sperare in un miglioramento degli indicatori.
Nel contempo a livello regionale il Piano Nazionale per il Controllo dell’Antibiotico Resistenza non vede azioni programmate dal tavolo tecnico regionale già nominato nei mesi scorsi e mai partito.
Non dimentichiamo la pandemia delle cronicità che meriterebbe azioni coerenti al piano nazionale cronicità e non spezzettate in vari tavoli tecnici orientati solo ad una patologia.
La cronicità, in grado di assorbire una fetta consistente di risorse sanitarie, riguarda persone solitamente affette da più patologie dove sono fondamentali sia la prevenzione secondaria e terziaria che nuovi modelli organizzativi in grado di prendersi carico della complessità clinica ed assistenziale al di fuori dei classici PDTA (percorsi diagnostico-terapeutici).
Purtroppo, operatori sanitari e cittadini stanno assistendo ad una stasi che dura ormai da circa un anno e mezzo. Si aspetta inoltre con ansia la nomina dei nuovi direttori generali per potere ripartire visto che, ormai da più di due mesi, a capo delle aziende sanitarie siciliane ci sono commissari, direttori generali del futuro, con due direttori, amministrativo e sanitario, nominati dall’amministrazione precedente.
Le tematiche sono importanti e avere direzioni a capo delle aziende sanitarie siciliane in grado di guardare al futuro e programmare efficacemente e con un’ottica temporale adeguata è fondamentale per uscire da una situazione che sembra problematica da vari punti di vista.
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