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Lesioni midollari: ecco come lo sport aiuta a diminuire i rischi di patologie cardiovascolari

Le patologie cardiovascolari sono la prima causa di morte nei soggetti con lesione al midollo osseo.

Non di meno, le malattie croniche correlate al limitato movimento come ad esempio, il diabete di tipo 2, si verificano con maggiore frequenza e con insorgenza anticipata negli individui con lesione midollare rispetto ad individui normodotati. In particolare nei soggetti con lesione midollare alta (sopra la vertebra T6) sono più a rischio di sviluppare delle malattie cardio-metaboliche.

Le ragioni di questo sono multifattoriali. Questi individui non solo sono più sedentari, ma le lesioni sostenute, possono interrompere i percorsi autonomi (cioè il controllo neurale sul muscolo cardiaco, la muscolatura liscia e le ghiandole), che di conseguenza perturba il controllo cardiovascolare.

Tali lesioni possono quindi compromettere le risposte cardio-vascolari all’esercizio fisico, alterare la pressione arteriosa e produrre episodi acuti di ipertensione. Inoltre in questi soggetti si assiste ad un rimodellamento delle arterie periferiche sia negli arti inferiori paralizzati, e questo avviene già dopo circa 6 settimane dall’evento, sia al livello sistemico.

Uno studio pubblicato nel 2019 sulla rivista British Medical Journal mostra come, partendo dal presupposto che in soggetti normodotati l’attività fisica conferisce molteplici effetti benefici, è logico ipotizzare che l’aumento dell’attività fisica attraverso l’esercizio possa ridurre il rischio di cardio-metabolico in persone con lesioni al midollo.

Il percorso di training prevedeva tre sedute alla settimana per un totale di 24 settimane con almeno 60 minuti di tappeto rotante (con determinati supporti per il peso corporeo ed agevolazioni per il movimento delle gambe) ed almeno 30 minuti di cyclette per le braccia tutti esercizi ciclici di tipo aerobico ad intensità moderata.

I risultati di questo studio mostrano come l’esercizio della cyclette per arti superiori migliori la forza, potenza, profilo cardiorespiratorio, e determinati fattori di rischio cardiometabolico.

Tuttavia è da notare che il flusso di sangue agli arti inferiori non cambia durante l’esercizio, che può limitare i miglioramenti indotti nella funzione autonomica e negli adattamenti vascolari a livello sistemico. Pertanto, la cyclette a braccia potrebbe non fornire il necessario sforzo fisico (pressione sanguigna e flusso) e metabolico per alterare la funzione vascolare al di sotto del livello della lesione.

Diverso risultato è per il training al tappeto rotante in soggetti con lesione non completa o completa sebbene la camminata sia passiva, cioè la locomozione è iniziata da un’assistenza robotica, manualmente da fisioterapisti, o dalla stimolazione elettrica transcutanea, i movimenti ciclici dei grandi muscoli degli arti inferiori combinati con la postura eretta forniscono una notevole sfida al sistema cardiovascolare. Infatti l’intervento di riabilitazione, per stimolare la plasticità all’interno del midollo spinale e per promuovere il recupero del camminare, migliora anche il profilo lipidico nel sangue, tolleranza al glucosio, sensibilità all’insulina, composizione corporea e regolazione autonoma della funzione cardiovascolare.

Per queste ragioni, si ritiene che questa metodica di training possa fornire una modalità di esercizio più elevata per le persone con lesione midollare.

 

di Dario Cerasola
© Riproduzione Riservata
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