Nell’immaginario comune l’asma bronchiale rappresenta una patologia di facile gestione e, non raramente, di “autogestione”. Tuttavia, la malattia può complicarsi o evolvere verso forme più gravi e di difficile controllo.
Queste forme, benché numericamente meno frequenti, pongono il paziente a rischio di ospedalizzazione e perfino di morte, compromettendone comunque la salute e la vita di relazione, e rappresentando pertanto una vera sfida per lo specialista. Le più recenti raccomandazioni internazionali suggeriscono l’utilizzo di farmaci biologici per migliorare il controllo dei sintomi nei pazienti con asma grave non controllato.
Abbiamo chiesto ad un esperto, il professore di Pneumologia all’Università di Palermo, Nicola Scichilone, maggiori chiarimenti su questa delicata patologia.
A quale tipo di paziente si fa riferimento?
“La definizione di asma grave individua quei pazienti che, nonostante una terapia farmacologica inalatoria con più farmaci e ad alti dosaggi sfuggono al controllo dei sintomi respiratori o che raggiungono il controllo solo con terapie massive. A rigor di logica, solo i primi ricadrebbero nelle forme più gravi di asma (asma di difficile controllo). Occorre ricordare anche come l’asma viene resa di difficile controllo anche dalla coesistenza di comorbidità che condizionano la gravità del quadro clinico o interferiscono con la terapia antiasmatica. Certamente, non è asmatico grave colui che volontariamente o inconsapevolmente non assume correttamente la terapia prescritta“.
Quali farmaci?
“I medici che gestiscono i pazienti affetti da forme gravi di asma necessitano di una guida su come scegliere e utilizzare le nuove opzioni terapeutiche. Nell’asma grave, queste sono rappresentate da farmaci cosiddetti “biologici”, in grado di aggredire uno specifico mediatore della cascata infiammatoria e agire pertanto sui meccanismi che sottendono la comparsa e la persistenza dei sintomi respiratori. Sin dalla introduzione del primo anticorpo monoclonale, anti-IgE, è emersa la consapevolezza che una nuova fase nel trattamento dell’asma era iniziata, e che nuovi criteri dovevano essere riconosciuti per rendere tali terapie efficaci e economicamente sostenibili. In questi giorni stiamo assistendo all’introduzione in commercio e l’impiego nella pratica clinica di nuovi farmaci, per lo più diretti contro la interleuchina 5 (IL-5) o il suo recettore, mentre altri si affacciano prepotentemente all’orizzonte (es. anti IL-4 e IL-13)”.
Con quali risultati?
“Gli studi clinici hanno invariabilmente dimostrato l’efficacia e la sicurezza di tali farmaci. Il principale obiettivo raggiunto è la drastica riduzione delle riacutizzazioni, evento sempre drammatico nella storia del paziente asmatico grave, e la netta riduzione del consumo di cortisone per via sistemica, che a lungo andare può causare danni permanenti a carico di vari organi e apparati. Negli anni in cui tali farmaci sono stati finora testati non è emersa alcuna segnalazione di eventi avversi gravi, tali da porre l’allerta. Ovviamente, è necessario un attento monitoraggio nei prossimi anni per identificare possibili associazioni con patologie di nuova insorgenza, anche perchè tali farmaci vanno assunti in maniera continuativa. Il consesso di esperti internazionali suggerisce che nelle forme di asma cosiddette ipereosinofile, ovvero caratterizzate da un alto numero di cellule eosinofile circolanti, la terapia biologica dovrebbe essere continuata per almeno un anno, prima di decidere se sospenderla per inefficacia o continuarla. La vera sfida risiede nella ricerca del marcatore (clinico, funzionale, biologico) capace di predire la risposta al trattamento specifico nel singolo paziente“.
A quale costo?
“Il costo diretto dell’asma che incide sul Servizio Sanitario Nazionale rappresenta tra l’1% e il 2% della spesa sanitaria complessiva. Le voci principali sono rappresentate dai farmaci e dai ricoveri ospedalieri. Larga parte di questi costi è riferita ai pazienti con asma grave, che pur rappresentando una frazione piccola di tutta la popolazione di asmatici (circa il 5%), incidono in misura significativa (oltre il 50%) sui costi sanitari totali dell’asma. Ai costi diretti vanno aggiunti quelli indiretti (assenza da lavoro e da scuola) che sono ovviamente molto più frequenti nei pazienti con asma grave. In questo contesto appare più che giustificato l’utilizzo, laddove indicato, della terapia biologica, capace di abbattere i costi legati alla gestione del paziente asmatico. In questo scenario, la sostenibilità della spesa farmaceutica per i farmaci biologici deve passare l’esame della appropriatezza. Non è totalmente illogico sospettare che parte dei fallimenti terapeutici (non responders) siano da attribuire a terapie non “ragionate” e non tarate per i bisogno del singolo paziente. La terapia biologica dell’asma grave abbandona la medicina tradizionale e apre la nuova fase della medicina di precisione. Perchè ciò avvenga diventa urgente l’ottimizzazione delle risorse; ciò può realizzarsi solo attraverso una alleanza tra la medicina del territorio, che identifica i bisogni del paziente e ne riconosce la gravità, e il centro specialistico che in un network pensato e collegato per competenze e professionalità possa offrire al paziente le risposte che merita“.