Il glutine è una proteina presente in alcuni cereali (frumento, farro, orzo, segale) conferisce plasticità agli impasti e rende i prodotti da forno più soffici. La dieta senza glutine è raccomandata in casi di celiachia e allergia alle proteine del grano ed consigliata in casi di gluten sensitivity.
Sono ormai chiare le evidenze per quanto riguarda la Celiachia, un’infiammazione cronica dell’intestino tenue causata all’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti, per cui la dieta senza glutine è l’unica terapia disponibile. Nei casi di allergia alle proteine del frumento, i pazienti devono seguire una dieta di eliminazione per il grano mentre la reattività crociata con altri cereali si verifica solo nel 20% dei casi e soprattutto con orzo e segale. Pertanto, l’eliminazione di tutti i cereali dalla dieta, senza una verifica della loro tollerabilità, è una pratica clinicamente e nutrizionalmente scorretta.
Per quanto riguarda la così detta Gluten sensitivity o Sensibilità al Glutine non Celiachia (NCGS dall’inglese Non–Celiac Gluten Sensitivity) ci sono ancora alcuni dubbi, visto le contrastanti evidenze scientifiche. La sensibilità al glutine non-celiachia è descritta la prima volta nel 1978 e ha ricevuto molta attenzione negli ultimi anni. È caratterizzata da sintomi intestinali ed extra-intestinali (gonfiore e dolore addominale, diarrea, astenia e nausea) legati all’ingestione di alimenti contenenti glutine, in soggetti che non sono affetti né dalla celiachia né dall’allergia al grano. Ad oggi non è ancora stata chiarita la patogenesi e nessun biomarcatore specifico è stato ancora identificato e convalidato per la diagnosi.
Nonostante queste evidenze, secondo l’Associazione Italiana Celiachia (AIC) il 10% degli italiani esclude il glutine dalla dieta anche se non affetto da celiachia (che colpisce solo l’1% della popolazione). Dei 320 milioni di euro spesi per i prodotti senza glutine, 105 milioni provengano dalle tasche di persone che non hanno una diagnosi di celiachia. Ciò che per alcuni è necessità, per altri sembra stia diventando una moda.
È fondamentale combattere l’autodiagnosi e non escludere drasticamente il glutine dalla dieta prima ancora di un consulto medico. Tale comportamento compromette la validità di eventuali esami diagnostici.
È necessario rivolgersi in primo luogo al medico per il corretto inquadramento dei sintomi cui deve seguire la valutazione dello stile di vita e delle abitudini alimentari da parte del nutrizionista. Spesso, infatti, sintomi come gonfiore e dolore addominale, diarrea, stitichezza, anemia, irregolarità mestruali e stanchezza possono essere associati a sindrome dell’intestino irritabile, dieta sregolata, carenze nutrizionali e stress.
È dunque necessaria una valutazione clinica accurata e raccomandazioni dietetiche specifiche alla luce delle più recenti evidenze scientifiche.