Cervelli in fuga, o forse no. Non è più di sola andata il biglietto aereo dei giovani infermieri siciliani che dalla fine della pandemia hanno sentito più intenso che mai il legame con il proprio territorio e il senso di appartenenza alle proprie origini.
L’emergenza covid ha sicuramente insegnato qualcosa di buono, aprendo gli occhi su un dato oggettivo: un paese non può fare a meno di efficienti strutture sanitarie e di personale qualificato. Tra pronto soccorso soffocati e terapie intensive sull’orlo del precipizio, è stata l’occasione giusta per allargare e rinvigorire un bacino di medici e infermieri da tempo paralizzato. Così il covid si è rivelato un ponte tra due “ere“, due concezioni e visioni diverse sul futuro, tra chi ha affondato le proprie radici in territori allora sconosciuti divenute ormai familiari e irrinunciabili e chi non ha saputo resistere al dolce e assordante richiamo di casa.
Una controtendenza in corso e confermata anche dal presidente dell’Ordine degli Infermieri di Messina Antonio Trino che ha sottolineato come una delle principali motivazioni fosse quella di “trovare un posto di lavoro. Dispiace vedere i ragazzi andare via. Con le nuove opportunità di lavoro post covid alcuni però sono tornati. Qualcun altro se n’è andato per spirito di avventura o per riconoscimento economico e professionale. Alcuni sono rimasti contenti altri insoddisfatti“.
Tante sono le storie che si intrecciano con la Sicilia, oltre che con la città dello Stretto. C’è chi, bagagli in mano, ha fatto rientro dopo aver inseguito lo sfavillante sogno Regno Unito o Germania e chi ha varcato pure i confini continentali fino in Australia. Ma i feedback non appaiono così positivi come sarebbe possibile ipotizzare. Particolarmente dura, per esempio, è stata per alcuni ragazzi l’esperienza tedesca, il cui percorso si è rivelato più faticoso del previsto, in quanto posti sullo stesso livello degli oss, almeno agli inizi. Chi non ha demorso racconta però di aver ricevuto le proprie soddisfazioni, vedendo la propria posizione migliorare, con il riconoscimento dell’impegno e della professionalità sfoggiata. Il nuovo giardino dell’Eden è la Norvegia, con paghe gratificanti, sistemazione e alloggio inclusi. Gli ultimi arrivati sono i paesi arabi (Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi) che da calamita per calciatori adesso sono pronti a sborsare quattrini anche nel “mercato” di medici e infermieri. Ma tra usi, costumi e costi della vita differenti, alcune di queste mete celano necessariamente una convenienza o un guadagno migliore?
La gratificazione è certamente un elemento non di poco conto, sia dal punto di vista economico sia professionale. Secondo i dati Ocse l’Italia paga il proprio personale infermieristico circa il 19% in meno rispetto alla media Ue. Un’aspetto, quest’ultimo, che non muta spostandoci da Nord a Sud e differenzia la categoria dagli altri lavoratori, rendendo praticamente insignificante la percentuale di chi dal Mezzogiorno preferisce trasferirsi un po’ più su, dove a parità di salario si vanta un costo della vita superiore. Sommando anche la scarsa considerazione verso il valore della professione, la preferenza negli anni è ricaduta oltre confine. Le ripercussioni sono evidenti e rimarcate dai dati della Fondazione Gimbe che evidenzia come in Italia un’altra emergenza sia legata al rapporto tra infermieri e medici. Mediamente lungo lo stivale vi sono 2,4 infermieri per ogni medico, che scivola all’1,83 in Sicilia. Gli infermieri sono 3,77 ogni mille abitanti, a fronte di una media nazionale di 5,06. In questo la Sicilia è penultima e precede solo la Campania. Quanto ai medici che ricoprono vari ruoli professionali delle strutture pubbliche, nell’Isola sono poco più di 42.300. A destare particolarmente attenzione, dunque, non sono più gli spostamenti da un paese all’altro ma all’interno della sanità stessa, dal pubblico al privato e dal privato al pubblico.
La figura dell’infermiere sembra così aver perso la propria attrattività e ciò è visibile anche dalle Università. Gli ultimi test di ingresso hanno registrato una brusca frenata di iscritti, già preannunciato dal trend negativo degli scorsi anni. La flessione più preoccupante riguarda proprio i corsi di laurea in Infermieristica, che hanno registrato il 10,5% di domande in meno. L’Isola si avvicina molto alla media nazionale, azzerando quasi del tutto la soglia di chi è rimasto escluso, considerando rinunciatari e scorrimenti.
Fabiana Mascolino