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Il New York Times e il modello israeliano: dove è finita l’efficacia dei vaccini? | I GRAFICI

salvatore corrao

Il New York Time di oggi mette in discussione l’efficacia dei vaccini anti COVID-19 visto l’incremento dei ricoveri nel paese col più elevato tasso di vaccinazione al mondo.

Cerchiamo di capire perché ma per capire non dobbiamo basarci su teorie o speranze solo  guardare all’evidenza dei fatti, cosa di per se che sembra straordinaria in tempi in cui i proclami la fanno da padrone.

Nonostante tutti gli sforzi fatti per campagne di vaccinazioni efficaci l’unico paese al mondo che ha saputo realizzare una campagna metodologicamente corretta e di massa è stato Israele. Lockdown ferreo e successiva vaccinazione tempestiva dell’84% della popolazione adulta e oltre il 90% di quella appartenente alle fasce di età più avanzate. Ma i dati ufficiali parlano chiaro quando indicano un aumento progressivo e repentino delle ospedalizzazioni equiparabile all’ottobre dell’anno scorso, dove tutti i paesi avevano o stavano approntando chiusure totali per l’incremento esponenziale dei contagi. Il problema è che la stessa situazione è presente in molti paesi europei sembra indipendentemente dalle percentuali raggiunte nelle varie campagne di vaccinazione.

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I grafici parlano chiaro: Regno Unito, Francia e Italia hanno un numero di ospedalizzazioni equiparabile ad ottobre scorso anche se non si parla più di chiusure parziali o totali e si continuano da parte del CTS nazionale ad utilizzare indicatori percentuali che non danno mai l’idea di quanto il fenomeno sia oggettivamente grave.

Perché è necessario guardare i numeri assoluti delle ospedalizzazioni? Per due motivi: il primo è che la saturazione dei posti letto (e non il numero di contagi) indipendentemente dalla mortalità per covid toglie risorse per tutti gli altri pazienti non covid aumentando inevitabilmente le complicanze di malattia e la mortalità di questi ultimi; il secondo è che le percentuali si prestano ad alchimie pericolose come per esempio pensare di mantenerle basse aumentando il numero di posti letto disponibili (quindi aumentando il denominatore) fino all’inevitabile punto di rottura. Peraltro spetta ricordare come questo paese negli anni abbia operato maldestramente una riduzione progressiva del numero di posti letto per numero di abitanti che compromette ancor di più la situazione.

Infine se consideriamo che la Medicina Interna ospedaliera è responsabile di un sesto di tutte le dimissioni di questo Paese, che ammontano a poco più di 6 milioni all’anno, la riconversione dei posti letto di questa specialità medica, vocata alla gestione della complessità clinica, mette ancora più in pericolo il vero soddisfacimento dei bisogni assistenziali della nostra popolazione spesso più anziana e con tante patologie concomitanti.

di Salvatore Corrao
© Riproduzione Riservata
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