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Gocce di anatomia: “Una sciarpa può salvarci la vita?”

Cari Lettori,

chiarisco subito che il titolo è volutamente provocatorio: serve a far concentrare fin da subito la vostra attenzione sulla regione anatomica oggetto di interesse in questo nuovo, breve articolo.

La testa e il collo sono due distretti corporei ben distinti e con un confine netto, anche se difficile da comprendere per i neofiti della nostra materia (una linea che passa per il margine inferiore della mandibola e che, raggiunto l’orecchio e ruotato intorno ad esso, risalendo dietro il padiglione auricolare fino a metà altezza dello stesso, continua orizzontalmente verso dietro fino alla “protuberanza occipitale esterna” – il “bozzo” che possiamo palparci tutti dietro la testa).

Vi è un organo (o, forse, dovremmo dire una regione anatomica) molto importante che si estende centralmente in questi distretti, ossia la faringe (quella che comunemente viene chiamata “gola”, un termine che a noi anatomisti non piace perché non incluso nella terminologia anatomica ufficiale).

La faringe la si fa appartenere sia all’apparato respiratorio che a quello digerente. Infatti, per il tramite di essa, vi passano – alternatamente – sia l’aria inalata attraverso le cavità nasali e diretta ai polmoni (e, ovviamente, quella che compie il percorso inverso), sia il bolo che dalla bocca viene deglutito per raggiungere lo stomaco attraverso l’esofago.

La faringe è un organo molto affascinante se ne si studia l’organogenesi, ossia lo sviluppo in epoca embrio-fetale. Infatti, quest’organo è presente in organismi che – secondo le note teorie evoluzionistiche darwiniane – si trovano molto più in basso nella scala evolutiva, come ad esempio i pesci. Dalla faringe embrionale si sviluppano molte strutture che, osservando l’organismo adulto, è inimmaginabile che derivino da questa. Giusto per fare qualche esempio, in termini banali e quindi non strettamente precisi, mentre nei pesci vi si sviluppano le branchie, nell’uomo (come in altri primati) da essa traggono origine le vie aeree inferiori (che terminano con gli alveoli polmonari), oltre che ossa e muscoli della faccia, strutture dell’orecchio (gli ossicini dell’udito) e della laringe (alcune cartilagini), e perfino il timo e le paratiroidi (queste ultime, piccole ghiandole poste dietro la tiroide, molto importanti per il metabolismo del calcio).

Lo sviluppo della stessa faringe segue un percorso analogo in molte specie e quindi è ben studiato: è possibile identificarla quando nello “stomodeo” (la bocca dell’embrione) si sviluppa il palato – a separare la cavità orale (di cui rappresenta il tetto) dalle cavità nasali (di cui forma il pavimento) – il quale anteriormente è “duro” (osseo), mentre posteriormente è “molle” (muscolare, detto anche velopendulo) e termina con l’ugola, quindi non raggiungendo le vertebre ma lasciando per l’appunto un “passaggio” per l’aria che si incanala dal naso verso le vie aeree inferiori.

Trovandosi quindi dietro sia le cavità nasali, sia la bocca, sia la laringe (che pure da essa ha tratto la sua origine), la faringe viene suddivisa “accademicamente” in tre parti: le prime due – rinofaringe (o nasofaringe) e orofaringe – si trovano nella testa, mentre la terza – la laringofaringe (o ipofaringe) – si trova nel collo, sebbene questa suddivisione non trovi utilità nel ragionamento verso il quale vi sto conducendo.

Essendo così “esposta” all’ambiente esterno e alla contaminazione da parte di agenti nocivi, inclusi germi patogeni, che costantemente introduciamo nel nostro corpo attraverso l’aria e il cibo, non dovrebbero sorprendervi due concetti: il primo, che essa sia una delle regioni anatomiche più “sporche” (da un punto di vista microbiologico) del nostro corpo; il secondo, che sia gremita di cellule immunitarie, per lo più (ma non solo) aggregate a formare “tonsille”.

Quante tonsille sono presenti in questa regione? Se lo si chiede ai non addetti ai lavori, la risposta molto probabilmente sarà << due >>, ma in realtà sono ben sei! Le due più “conosciute”, in quanto maggiormente esplorabili all’osservazione diretta (aprendo la bocca e abbassando la lingua), sono le tonsille palatine. Sono quelle che spesso, soprattutto nei bambini, si infiammano, provocando la comune tonsillite – con o senza placche di pus – e che a volte (un tempo più frequentemente di adesso) vengono tolte dall’otorinolaringoiatra in quanto infiammazioni ripetute possono alterarne la struttura e la funzione, trasformandole in una sorta di “capsula di Petri” ideale per i germi che popolano questo territorio, inducendo febbri recidivanti e altri fastidi.

Le altre quattro sono: la tonsilla linguale, nascosta alla radice della lingua e per questo difficilmente visibile all’esplorazione del cavo orale; le due tonsille tubariche, localizzate – una per lato – allo sbocco delle “tube di Eustachio” (i canali che mettono in comunicazione la faringe con l’orecchio medio; della “manovra di Valsalva” ne abbiamo parlato in una precedente puntata delle nostre “Gocce”); e, infine, l’adenoide, sita nel tetto della faringe, dove questa è in rapporto con la base del cranio.

Ma cosa sono esattamente le tonsille? Ciascuna tonsilla è una struttura anatomica indipendente conformata in maniera tale da essere in grado di innescare autonomamente una reazione immunitaria contro patogeni che intendono proliferare nel nostro organismo, come ad esempio batteri e virus. E abbiamo già detto quanto popolosa di germi sia la regione faringea! Pertanto, questi sei “fortini” hanno il loro bel da fare lungo tutta la nostra esistenza, ed è sempre meglio non toglierle se non a seguito di una loro seria compromissione morfo-funzionale.

Cosa c’entra la sciarpa in tutto questo contesto? È presto detto.

Le nostre cellule immunitarie, per funzionare al meglio, devono trovarsi in un ambiente con una temperatura costante, intorno a 36,8 gradi Celsius, mezzo grado più, mezzo grado meno. Se la temperatura scende sotto questa soglia (come può capitare d’inverno, se ci si espone a climi freddi senza una adeguata copertura), il funzionamento di queste cellule viene rallentato e questo può favorire la proliferazione di germi patogeni; quando ciò avviene, subentra la febbre, un meccanismo biologico protettivo – innescato da una parte del nostro cervello (l’ipotalamo) – che ha lo scopo di accelerare le funzioni immunitarie e avviare una reazione contro il patogeno proliferante. Tenere al caldo la base della testa e il collo, ad esempio con una sciarpa, aiuta a prevenire questo “raffreddamento” e le sue complicanze.

Ciò è ancora più importante in epoca di pandemia/COVID-19. Infatti, uno dei fattori che determina il contagio, oltre alla carica virale, è lo stato “di funzionamento” del nostro sistema immunitario, sia a livello “generale” che “locale”, ossia dei singoli distretti anatomici. Per un virus respiratorio come il SARS-CoV-2, le vie aeree superiori, e quindi anche la faringe, rappresentano non solo la via di ingresso ma anche la prima sede di moltiplicazione e propagazione (motivo per il quale si sceglie proprio questa sede per fare un prelievo di cellule esfoliate e muco nel quale cercare – con tecniche molecolari – la presenza del virus, ossia il famoso “tampone”). Abbiamo già scritto, in un articolo precedente, quanto sia insidioso questo virus, quindi, in conclusione, tenere “al caldo” le cellule immunitarie della nostra faringe può rappresentare un’ulteriore arma di difesa.

di Francesco Cappello
© Riproduzione Riservata
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