Cari Lettori,
con l’arrivo della primavera, nonostante il costante utilizzo di mascherine all’aperto, in molti ci siamo ritrovati ad avere a che fare col fenomeno della rinite allergica, a cui vogliamo dedicare il breve approfondimento anatomico di questa puntata.
Questa patologia, come indica il nome stesso, consiste in una infiammazione (-ite) della mucosa del naso (rin-) dovuta all’esposizione della stessa a sostanze scatenanti, quali ad esempio i pollini (tipici di questa stagione), ma anche acari della polvere e altri agenti. In tutti i casi, entra in gioco il nostro sistema immunitario, in particolare una classe di anticorpi (le immunoglobuline E, o IgE): esse riconoscono la sostanza scatenante e, legandosi ai propri recettori presenti su una classe di cellule infiammatorie che popola la mucosa nasale, ossia i mastociti, determinano il rilascio da parte di questi ultimi di istamina e altre proteine che determinano una intensa vasodilatazione, con conseguente gonfiore e congestione della mucosa nasale, ostruzione del passaggio dell’aria, starnuti ripetuti e lacrimazione.
Cerchiamo di comprendere adesso, dal punto di vista anatomico, perché tutto ciò si verifica. La mucosa nasale è costituita fondamentalmente da due strati: un epitelio di rivestimento (a contatto con l’aria) e una lamina propria sottostante. Quest’ultima è ricchissima di vasi, tant’è che in taluni vecchi trattati anatomici questa mucosa veniva definita “erettile” (il riferimento è ovviamente al tessuto cavernoso del pene e al suo caratteristico inturgidimento dovuto a un intenso quanto rapido afflusso di sangue all’interno dello stesso).
Questa ricca vascolarizzazione della lamina propria della mucosa nasale trova ovviamente una spiegazione funzionale: nelle cavità nasali transita l’aria diretta ai polmoni. L’aria che noi inaliamo non ha le caratteristiche chimico-fisiche ideali per assicurare che gli scambi gassosi, a livello degli alveoli polmonari, siano efficaci, in quanto è in genere troppo sporca, secca e fredda: l’aria dev’essere quindi depurata, umidificata e riscaldata. A queste tre funzioni deve provvedere la mucosa nasale.
In particolare, la depurazione dell’aria (detta anche, con un termine anglosassone, clearance) è assicurata dalle cellule epiteliali della mucosa, le quali presentano due citotipi principali, le cellule mucipare e quelle ciliate. Le prime producono un sottile film di muco che ha lo scopo di intrappolare il pulviscolo atmosferico e germi potenzialmente patogeni. Le seconde, con le loro ciglia, spingono il muco e ciò che vi è rimasto intrappolato verso la faringe, affinché tutto ciò venga deglutito e finisca nello stomaco, il cui ambiente acido assicura una opportuna sterilizzazione e disfacimento di queste sostanze.
Le altre due funzioni, ossia l’umidificazione e il riscaldamento, sono invece assicurare dalla lamina propria, in quanto quest’abbondanza di vasi (che non trova certo ragion d’essere nelle limitate esigenze trofiche di questa esigua struttura anatomica) assicura che – dall’evaporazione dell’acqua contenuta nel sangue – si crei nelle cavità nasali un ambiente naturalmente caldo e umido, con lo scopo di riscaldare e umidificare l’aria inspirata. Questi vasi, quindi, svolgono né più né meno la funzione che i termosifoni compiono nelle nostre case durante l’inverno.
L’inconveniente è che un massiccio rilascio di istamina, quale quello che – come detto all’inizio – si verifica durante la stagione dei pollini, rigonfiando in maniera subitanea i vasi della lamina propria, determina l’inturgidimento della mucosa nasale con conseguente ostruzione del flusso d’aria, rinorrea (da “rino-“, naso e "-reo", scorrere) e gli altri sintomi suddetti, compreso la lacrimazione, in quanto (come ricordato in una precedente puntata di questa rubrica: https://www.ilsicilia.it/il-virus-covid-19-nelle-lacrime-di-un- bambino-lanatomia-puo-chiarire-il-perche/) le cavità nasali sono in comunicazione con le cavità oculari, essendo questo rapporto funzionale al drenaggio delle lacrime. Pertanto, se le cavità nasali sono ostruite, le lacrime non possono che defluire all’esterno attraverso le rime palpebrali.
Fortunatamente, la rinite allergica – salvo nei casi più gravi nei quali può essere necessaria la somministrazione di potenti antiinfiammatori a base corticosteroidea – tende ad autolimitarsi ed esaurirsi in pochi giorni. Non si tratta quindi una malattia mortale, anche se è certamente molto fastidiosa per chi ne è affetto.