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Gocce di anatomia: l’occhio e il glaucoma, un breve excursus anatomico

Cari Lettori,

nei giorni scorsi questa testata giornalistica ha dato risalto alla “settimana per la prevenzione del glaucoma”, “la prima causa di cecità irreversibile al mondo … (che) … colpisce 55 milioni di persone … (e) … si manifesta quasi sempre coinvolgendo i due occhi, danneggiando irreparabilmente il nervo ottico” (https://www.sanitainsicilia.it/settimana-per-la-prevenzione-del-glaucoma-visite-gratuite-per-i-senza-dimora_409432/), fornendo un assist al sottoscritto per concentrare le proprie “gocce anatomiche” odierne su quest’affascinante organo.

L’occhio, o globo oculare, è accolto nella cavità orbitaria ed è l’organo centrale dell’apparato della vista, che comprende anche altre strutture quali le sopracciglia, le palpebre, i muscoli dell’orbita (responsabili dei movimenti dell’occhio e dell’innalzamento della palpebra superiore) e la membrana fibrosa ad essi collegata (capsula di Tenone), il grasso orbitario (che riempie gli spazi liberi nella cavità orbitaria), la congiuntiva e le strutture lacrimali (di cui pure abbiamo detto in un’altra puntata, vedi: https://www.ilsicilia.it/il-virus-covid-19-nelle-lacrime-di-un-bambino-lanatomia-puo-chiarire-il-perche/).

L’occhio in sé e per sé può essere descritto come un organo cavo, con una parete fatta da tre strati o tonache: dall’esterno verso l’interno, troviamo la tonaca fibrosa, quella vascolare e quella nervosa. La prima comprende la sclera (la parte bianca dell’occhio) e la cornea (il disco trasparente posto anteriormente, su cui alcuni di noi poggiano frequentemente le lenti a contatto). La seconda contempla – in senso postero-anteriore – tre strutture: l’uvea (o corioide), il corpo ciliare e l’iride (la cui pigmentazione è determinante per il colorito assunto dall’occhio). L’ultima è costituita dalla retina.

Sarebbe impossibile descrivere in poche righe la complessità delle caratteristiche morfo-funzionali di ciascuna di queste strutture; pertanto, mi limiterò (anche con l’ausilio della figura scelta a corredo di quest’articolo) a pochi cenni relativi a quelle strutture la cui conoscenza può aiutare comprendere i meccanismi che sarebbero alla base della fisiopatologia dell’argomento di partenza, ossia il glaucoma, sebbene ancora gli specialisti oftalmologici non abbiano messo la parola “fine” a questo tema.

Comincio col dire che dentro la cavità dell’occhio si descrivono altre strutture, quali:

  1. La grande cavità posteriore, che contiene il corpo vitreo, una struttura gelatinosa che si forma in epoca fetale e che è molto importante per la stabilizzazione della retina per tutta la vita dell’individuo.
  2. Al davanti di esso, il cristallino, una lente biconvessa di fondamentale importanza per la messa a fuoco degli oggetti, visto che il suo spessore può variare grazie allo stato di tensione de
  3. legamenti sospensori, collegati a
  4. Il muscolo ciliare, che occupa la porzione centrale dello spessore del corpo ciliare (già descritto); 5) al davanti del cristallino, descriviamo infine due camere, una posteriore (tra questa lente e l’iride) e una anteriore (tra l’iride e la cornea), le quali comunicano grazie al foro centrale dell’iride, detto pupilla. Queste camere ospitano un liquido (l’umor acqueo), prodotto a livello del corpo ciliare (quindi, nella camera posteriore) e riassorbito attraverso alcune strutture vascolari (canali dello Schlemm) presenti nell’angolo irido-corneale (tra l’iride e la cornea, e quindi nella camera anteriore).

Vi sono tutta una serie di condizioni parafisiologiche se non francamente patologiche (frequentemente correlate ai fenomeni di modificazione dei tessuti del nostro corpo che si verifica con l’avanzare dell’età) nelle quali viene prodotto più umor acqueo di quanto non ne venga riassorbito. Ciò determina un aumento della pressione intraoculare che, attraverso il cristallino e il corpo vitreo, finisce per esercitarsi sulla retina e sul nervo ottico che da essa si origina, comprimendo e danneggiando queste strutture progressivamente nel tempo.

Molte forme di glaucoma (ma non tutte) sono causate dall’aumento di questa pressione e la terapia è funzionale a riequilibrarla, ad esempio cercando di “allargare” farmacologicamente l’angolo irido-corneale per favorire il drenaggio dell’umor acqueo nei canali dello Schlemm.

È utile precisare che l’ampiezza dell’angolo irido-corneale dipende principalmente dallo stato di dilatazione della pupilla, a sua volta indotto dallo stato di contrazione o rilassamento di due muscoli – presenti nello spessore dell’iride – a funzione contrapposta: il muscolo costrittore (che determina miosi) e quello dilatatore (che conduce alla midriasi).

Lo stato di tensione di questi muscoli è indotto da complessi meccanismi riflessi nervosi innescati dalla luminosità ambientale, di cui per brevità non parliamo. Ci limitiamo a dire che, durante la miosi, l’angolo è più ampio e il deflusso è più agevole che durante la midriasi, in quanto – com’è facilmente evincibile guardando la parte superiore della figura scelta per corredare quest’articolo – l’ispessimento del muscolo dilatatore restringe l’angolo irido-corneale.

Questo è il motivo per cui ai soggetti anziani e predisposti all’insorgenza di questa insidiosa malattia si suggerisce, ad esempio, di non guardare mai la sera la televisione senza accendere una luce nella stanza: la scarsa illuminazione, infatti, favorisce la midriasi e ciò ostacola il deflusso dell’umor acqueo. I moderni farmaci ad azione miotica agevolano invece questo processo.

(Nota: l’immagine riprodotta è stata presa e modificata dal volume “Prometheus: Atlante di Anatomia”, seconda edizione italiana a cura di Francesco Cappello et al., Casa Editrice EdiSES, 2018, Napoli. Si ringrazia l’Editore)

 

di Francesco Cappello
© Riproduzione Riservata
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