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Gocce di Anatomia: I falsi scoop e i problemi dell’etica e dei finanziamenti nella ricerca scientifica

Francesco Cappello Professore Ordinario di Anatomia Umana Università degli Studi di Palermo

Cari Lettori,

questo articolo mi è stato ispirato da alcuni di Voi che nei giorni scorsi mi hanno contattato, anche tramite la mia bacheca Facebook, per chiedermi un parere circa la recente “scoperta di un nuovo organo”, in particolare “una ghiandola al centro della testa”, essendosi questa notizia guadagnata niente meno che un articolo sul prestigioso New York Times (https://www.nytimes.com/2020/10/19/health/saliva-glands-new-organs.html). Ma prima di affrontare questo tema, fatemi fare un passo indietro nel recente passato.

Correva l’anno 2015, erano i primi di giugno, stavo effettuando le ultime lezioni del mio corso di “Anatomia umana 1” per gli studenti di Medicina e Chirurgia, e i giornali di tutto il mondo – inclusi quelli italiani – vennero inondati da articoli su una scoperta pubblicata niente meno che su una delle riviste scientifiche più prestigiose del mondo (Nature) e che avrebbe cambiato la storia delle neuroscienze cliniche: “Scoperti i vasi linfatici nel cervello… Un collegamento diretto tra cervello e sistema linfatico… Svolta per sclerosi multipla e Alzheimer”. Così o in maniera analoga titolavano anche i più blasonati giornali italiani.

La mia (s)fortuna era stata quella di aver detto a lezione, giusto il giorno prima, che il cervello è uno degli organi del nostro corpo privo di vasi linfatici, e Vi lascio immaginare i commenti dei miei studenti l’indomani a lezione, ai quali tuttavia prontamente riuscii a spiegare e a convincerli del fatto che quell’articolo era una bufala (e il tempo mi ha dato ragione…) e proverò adesso, in poche parole, a spiegarlo anche a Voi.

Nel nostro corpo non esiste solo la circolazione ematica, per intenderci quella del sangue, il quale viene espulso dal cuore nelle arterie, dalle quali si diffonde in tutti i nostri organi attraverso vasi di calibro via via decrescente, fino ai capillari ematici, per poi raccogliersi nel sistema venoso attraverso vasi di calibro via via crescente e ritornare al cuore (un circuito “chiuso”, quindi). Nel nostro corpo esiste anche un’altra circolazione (“aperta”) che nasce in prossimità dei capillari ematici con i cosiddetti capillari linfatici, i quali raccolgono “la linfa” che viaggia in vasi linfatici di calibro via via crescente per confluire e sboccare in grosse vene vicino al cuore.

Quale sia lo scopo di questa seconda circolazione è presto detto: raccogliere l’acqua in eccesso (“la linfa”) dall’interstizio (lo spazio virtuale che circonda i capillari ematici e che media gli scambi di nutrienti e sostanze di rifiuto tra il sangue e le cellule) e riportarla al cuore, al contempo facendola filtrare dai linfonodi, organi piccolissimi in grado di riconoscere la presenza di “ospiti indesiderati” (come ad esempio batteri e virus) e innescare una risposta immunitaria contro di essi.

L’interstizio funziona come “una spugna”, potendosi dilatare quando vi arriva più acqua (pensiamo ad esempio a quando andiamo a farci una pizza e due birre – ahimè cosa sempre più difficile in epoca di lockdown – e l’indomani ci sentiamo “gonfi”) per poi svuotarsi lentamente dentro i linfatici. Quando i linfatici non funzionano bene (capita frequentemente negli anziani), si formano gli edemi; l’esempio classico è “la nonna con le gambe gonfie”, la quale le solleva per cercare di aiutare il ritorno dei liquidi in eccesso dall’interstizio degli arti inferiori al cuore.

Non Vi sorprenderà (spero) sapere che alcuni nostri organi non hanno interstizio e quindi neanche linfatici. E questa, ovviamente, non è stata una scelta casuale della Natura o del Creatore (fate Voi), ma ha una spiegazione funzionale. Pensate alle nostre ossa: potrebbero mai, delle strutture così “rigide”, dilatarsi come delle spugne dopo una nostra serata brava in pizzeria? Lo stesso vale per il cervello, il quale si trova tra l’altro all’interno di un contenitore inestensibile (la scatola cranica).

Sentite queste spiegazioni, gli studenti mi credettero, un po’ anche per “fede” nei confronti del loro docente che difendeva a spada tratta quanto contenuto nei “sacri testi”, ma ebbero la definitiva conferma il semestre successivo, quando – durante le lezioni di Neuroanatomia – ebbi modo di mostrare loro più nel dettaglio che, nel tessuto nervoso, lo spazio che altrove è rappresentato dall’interstizio, è occupato qui da un tipo cellulare (i cosiddetti “astrociti”) che ha proprio lo scopo di impedire l’insorgenza dell’edema cerebrale, cosa che invece si verifica puntualmente quando queste cellule sono danneggiate.

Nel mentre, con alcuni colleghi scrivemmo anche una Lettera di commento, un po’ dura, verso questo articolo, che provammo a pubblicare su Nature (e l’editore ci rispose picche, chissà come mai…), ma siccome le bugie hanno le gambe corte e il tempo è galantuomo, la pubblicammo dopo poco tempo sulla più prestigiosa rivista scientifica di Anatomia (il Journal of Anatomy di Londra) e vi riporto qui il link per amore di verità: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/joa.12381.

Cosa descrissero allora quei ricercatori su Nature, lasciando credere alla stampa di tutto il mondo che avevano scoperto i “linfatici del cervello”, scoperta che avrebbe addirittura rivoluzionato le conoscenze sulle malattie del sistema nervoso e, non ultimo, sulle loro cure? Descrissero – come spiegammo nella nostra Lettera – i (rari) linfatici che si trovano non nel cervello ma nelle sue sottilissime membrane di rivestimento (le meningi) i quali, tuttavia, erano già stati descritti da Paolo Mascagni, noto anatomista toscano, verso la fine del ‘700. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole… Per di più, loro li descrissero nel topo (sic!) dove è risaputo da secoli che ce ne sono molti di più che nell’uomo, per ragioni che non stiamo qui a spiegare perché non importanti ai fini del ragionamento verso il quale Vi sto conducendo.

Come mai allora questo lavoro si guadagnò la ribalta internazionale?

Qui entrano in gioco elementi che purtroppo poco hanno a che fare con la ricerca scientifica e con quella “onestà intellettuale” che dovrebbe rappresentare la “bussola” di tutti i ricercatori in tutto il mondo, ossia entrano in gioco i meccanismi di finanziamento della ricerca.

Trovo comodo prendere ad esempio le università americane, nelle quali i finanziamenti per la ricerca possono derivare da varie fonti, quali i finanziamenti statali, le tasse degli studenti, i progetti di ricerca che vincono i ricercatori, i fondi messi a disposizione dalle case farmaceutiche per sviluppare specifici progetti e – ultimo, ma non per importanza – le donazioni di ricchi industriali, che lì hanno anche la possibilità di scaricarsele dalle tasse. Finire sui giornali, grazie a scoperte “sensazionali” dei propri ricercatori, aumenta la possibilità delle università di incamerare quattrini (e ogni dollaro donato a me è un dollaro in meno che riceverà l’università a me concorrente).

Non pensiate che queste cose accadono solo oltreoceano: tutto il mondo è paese, e cercando bene si trovano facili esempi anche a casa nostra, di cui un giorno (se l’Editore di questo giornale dovesse coprirmi eventuali spese legali) potremmo parlare anche noi.

Ma riprendiamo il racconto. Trascorso qualche anno, avevo da poco ricominciato il corso di “Anatomia umana 1” con nuovi studenti e, sul finire di marzo 2018, usci un’altra notizia bomba: “Scoperto un nuovo organo… Tra i più grandi del corpo umano… Sotto la pelle… Potrà spiegare tumori e invecchiamento”. Quale sarebbe stato questo nuovo organo? L’interstizio! (sic!). Sì, proprio quell’interstizio/spazio virtuale di cui vi ho parlato poche righe prima, descritto non solo da Mascagni ma anche da altri illustri anatomisti già secoli e secoli prima.

Questa volta coi miei studenti ci facemmo delle grasse risate (e, se mi avete seguito fin qui, a questo punto immagino che starete sorridendo probabilmente anche Voi), così come con la giornalista di Radio24 – Il Sole 24 Ore che scelse proprio me per avere un parere su questo argomento (ascoltabile qui: https://www.radio24.ilsole24ore.com/programmi/obiettivo-salute/puntata/trasmissione-marzo-2018-121938-gSLA02wHdC) dandomi quindi la possibilità di smentire che l’interstizio fosse un organo.

La verità è che più che da ridere ci sarebbe da piangere, per almeno tre motivi:

  1. I falsi scoop, non supportati da chiare evidenze morfo-funzionali o palesemente in contraddizione con note e assodate nozioni sul corpo umano, rischiano solo di generare false speranze tra i malati e i loro familiari, alimentando un clima di generale sfiducia nei confronti della Medicina e della Scienza, e alimentando quindi la pseudoscienza!
  2. Gli attuali sistemi di finanziamento della ricerca (purtroppo) alimentano la tendenza al sensazionalismo spropositato dei risultati scientifici, che di norma necessitano di numerose conferme da parte di altri gruppi di ricercatori indipendenti dai primi, che in genere si accumulano in anni e anni di ricerche, prima di essere considerati universalmente validi.
  3. Una maggiore conoscenza di come è fatto il corpo umano (unitamente a una maggiore dose di onestà intellettuale) può evitare l’incorrere (anche in buona fede) in falsi scoop da parte dei ricercatori, oltre a fornire loro ulteriori elementi di interpretazione dei risultati raggiunti in laboratorio. E, purtroppo, non in tutti i corsi di laurea che preparano alla professione di ricercatore biomedico (vedasi ad esempio molti Corsi di laurea in Scienze Biologiche o Biotecnologie in Italia) tra le materie che si insegnano è presente l’Anatomia umana (o, se è presente, è parecchio sottodimensionata).

In conclusione, ci vorrebbero più modestia, più onestà intellettuale e più conoscenze di anatomia per molti ricercatori biomedici nel mondo.

Potrei continuare con altri esempi (alcuni di voi, medici o studiosi del corpo umano, ricorderanno l’articolo sul “mesentere”, anch’esso riscoperto qualche anno fa come “un nuovo organo”, oppure quello un po’ più recente su “misteriosi tunnel che collegano le ossa del cranio al cervello”, che altro non erano che i vasi diploici, tutte strutture stranote agli studenti più bravi della mia materia) ma preferisco avviarmi verso la conclusione, tornando al punto dal quale eravamo partiti, “la ghiandola al centro della testa… una nuova ghiandola salivare maggiore… la più grande scoperta anatomica da trecento anni a questa parte”: così – mi ha fatto leggere qualcuno di voi – titolavano alcuni giornali nei giorni scorsi.

Ebbene, tanto era sconosciuta questa struttura del nostro corpo che basti aprire il volume 4 dell’ultima edizione italiana del Testut (uno dei libri di Anatomia umana più venduto al mondo nel secolo scorso, ma scritto sul finire dell’800) e a pagina 835 essa magicamente compare ai vostri occhi! Non è una ghiandola salivare maggiore (come insistono nel sostenere gli autori dell’articolo), ma un agglomerato di piccole ghiandole producenti muco il cui scopo è lubrificare la faringe (quella che abitualmente viene chiamata “gola”) nel punto in cui vi sbocca un canale (la tuba di Eustachio) che la mette in comunicazione con la porzione intermedia dell’orecchio, quel canale nel quale noi (anche inconsapevolmente) spingiamo a volte forzatamente l’aria (espirando mentre teniamo il naso tappato dalle dita) quando ci troviamo in aereo o in montagna e abbiamo “fastidio alle orecchie”, riequilibrando in tal modo la pressione ai due lati della membrana del timpano e facendo così cessare il fastidioso stimolo.

Dei motivi dell’insistenza degli autori di questo articolo nel sostenere che per forza debba trattarsi di un nuovo organo mai descritto prima, e per giunta di una ghiandola salivare maggiore (ossia quelle preposte a produrre la saliva che dev’essere mescolata al cibo per trasformarlo in un bolo pronto per essere deglutito) non saprei dirvi (forse che costoro mangino con le orecchie?), ma sinceramente neanche molto mi interessa. Certo, se venisse a raccontarmelo qualche studente agli esami, non ci farebbe proprio una bella figura.

di Francesco Cappello
© Riproduzione Riservata
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