Gilead Sciences annuncia l’approvazione della rimborsabilità da parte dell’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA) di bulevirtide 2 mg per il trattamento dell’infezione cronica da virus dell’epatite Delta (HDV) in pazienti adulti positivi a HDV-RNA plasmatico (o sierico) con malattia epatica compensata. Bulevirtide ha inoltre ricevuto l’attribuzione del requisito dell’innovatività terapeutica condizionata, che ne prevede l’inserimento negli elenchi dei farmaci innovativi. “Bulevirtide, in somministrazione giornaliera da 2 mg per via sottocutanea – si legge in una nota – è il primo trattamento specifico approvato per questa grave forma di epatite, dalla scoperta del virus HDV avvenuta nel 1977. L’epatite Delta è la forma più aggressiva di epatite, quella a più rapida progressione e con un più elevato rischio di evoluzione verso la cirrosi e ulteriori complicanze, come lo scompenso epatico e l’epatocarcinoma”. Data la natura molto particolare del virus HDV, l’epatite Delta cronica può presentarsi solo nelle persone già affette da epatite B. In Italia la prevalenza di questa doppia infezione riguarda circa il 5-9% dei soggetti con infezione da virus dell’epatite B.
Bulevirtide, spiegano gli esperti, appartiene alla classe di farmaci cosiddetti ‘entry inhibitor’ o inibitori dell’ingresso: bloccando il recettore NTCP che permette l’ingresso del virus nelle cellule epatiche e la trasmissione ad altre cellule epatiche, impedisce la diffusione dell’infezione nel fegato. “Con bulevirtide, il primo farmaco approvato contro l’epatite Delta 45 anni dopo la sua scoperta – commenta Pietro Lampertico, professore ordinario di Gastroenterologia all’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Unità di Gastroenterologia e Epatologia del Policlinico di Milano – stiamo assistendo ad una rivoluzione del trattamento di questa malattia che è la forma più grave di epatopatia cronica virale. Lo studio registrativo di fase III ha dimostrato l’efficacia e la sicurezza di questo farmaco che, somministrato in monoterapia per 48 settimane, ha ottenuto il 70% di risposta virologica, il 50% di risposta biochimica, ed il 45% di risposta combinata. Con questo farmaco, possiamo finalmente rispondere alle priorità cliniche di soppressione della viremia e di normalizzazione delle transaminasi, condizioni che potrebbero far rallentare la progressione della malattia verso la cirrosi, lo scompenso epatico e l’epatocarcinoma”.