Ridurre l’efficacia dei vaccini: è quello che fanno alcuni dei farmaci comunemente utilizzati per far fronte a malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD – inflammatory bowel disease) e patologie autoimmuni, come l’artrite reumatoide.
Il farmaco è l’infliximab, ovvero un anticorpo monoclonale della famiglia degli anti-TNF (fattore di necrosi antitumorale). Questa però non è la prima volta che si verifica un evento del genere, infatti precedentemente degli studi avevano dimostrato che questo tipo di medicinali compromettono l’immunità dei vaccini contro pneumococco, influenza ed epatite virale. In questo modo aumenta anche il rischio di gravi infezioni respiratorie.
Fortunatamente un team di ricerca britannico guidato da scienziati del Dipartimento di Gastroenterologia – Royal Devon ed Exeter NHS Foundation Trust dell’Università di Exeter, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Edimburgo, del Crohn’s and Colitis UK e dello UK National Institute for Health Research (NIHR), ha voluto approfondire la reazione dell’infliximab con i vaccini anti Covid. Così hanno trovato una risposta affermativa.
Gli studiosi hanno coinvolto circa 7mila pazienti con malattia di Crohn e colite ulcerosa da un centinaio di ospedali del Regno Unito alla fine del 2020. I partecipati allo studio hanno ricevuto una o due dosi del vaccino BNT162b2/Tozinameran (Comirnaty) di Pfizer-BioNTech e del Vaxzevria di AstraZeneca-Oxford-Irbm. Hanno così determinato che quelli trattati con l’infliximab non hanno sempre sviluppato una concentrazione sufficiente di anticorpi neutralizzanti.
Per questo motivo i ricercatori esortano le persone trattate con farmaci in grado di compromettere l’immunità – come l’infliximab – a ricevere prioritariamente la copertura completa del vaccino.