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Depressione Post Partum: intervenire precocemente per limitare le conseguenze sulla madre e sul bambino

Depressione-post-partum

Si stima che nel mondo occidentale la Depressione Post Partum colpisca circa il 10-15% delle donne che partoriscono. In Italia, nonostante la disponibilità di semplici ed efficaci procedure di diagnosi e intervento precoce, nella comune pratica clinica, la DPP sfugge per lo più all’attenzione dei clinici. Sottovalutare questo disturbo può rappresentare una carenza in sanità pubblica se si considera la sofferenza della donna e dei suoi familiari, nonché le limitazioni dovute alla compromissione del suo funzionamento personale, sociale e lavorativo.

Il DSM-5 non riconosce la Depressione Post Partum (DPP) come una diagnosi separata da quella di disturbo depressivo maggiore. Per diagnosticare una DPP devono essere, infatti, soddisfatti i criteri definiti per l’episodio di depressione maggiore e i criteri per lo specificatore ad esordio nel periodo perinatale.

I principali fattori di rischio per l’esordio della depressione post-partum sono rappresentati: da presenza di depressione e/o ansia durante la gravidanza; pregresse malattie psichiatriche; problemi di relazione con il partner; eccessivo stress derivante dall’accudimento del bambino; atteggiamento negativo nei confronti della gravidanza; pregressi disturbi mestruali; intenzione di tornare rapidamente al lavoro; presenza di neonati affetti da una condizione medica patologica o nati prematuramente.

Le manifestazioni cliniche della DPP includono disturbi del sonno, perdita di peso oppure diminuzione o aumento dell’appetito, paura di fare del male al bambino, estrema preoccupazione e ansia nei confronti del figlio, stato d’animo di tristezza, pianto eccessivo, senso di valere poco, senso di colpa eccessivo, mancanza di speranza, difficoltà di concentrazione e di memoria, mancanza di energia, perdita di piacere e interesse nelle attività, ideazione suicidaria.

La DPP deve essere distinta dalla cosiddetta psicosi puerperale, un disturbo molto raro e più grave. Le donne che ne soffrono presentano stati di confusione e agitazione, gravi alterazioni dell’umore e del comportamento, spesso allucinazioni e deliri.

La DPP va distinta anche da una reazione piuttosto comune, che si verifica in oltre il 70% delle madri, denominata “baby blues” (“blues” significa malinconia), caratterizzata da una indefinibile sensazione di malinconia, tristezza, irritabilità e inquietudine, che raggiunge il picco 3-4 giorni dopo il parto e tende a svanire generalmente entro i primi 10-15 giorni dal parto. La sua insorgenza è dovuta principalmente al drastico cambiamento ormonale nelle ore successive al parto (crollo degli estrogeni e del progesterone) e alla spossatezza fisica e mentale dovuta al travaglio e al parto.

La DPP, oltre ad avere conseguenze dirette sulla salute della donna, interferisce negativamente sulla relazione madre-bambino con il rischio di importanti conseguenze. Infatti diversi studi hanno evidenziato l’importanza di una adeguata interazione e relazione d’attaccamento madre-bambino nel prevenire conseguenze negative a lungo termine sullo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo del bambino. Inoltre le madri che soffrono di DPP più frequentemente sospendono precocemente l’allattamento al seno, si attengono meno all’adozione di misure di sicurezza (es. usare seggiolini per bambini in automobile) e i loro figli presentano tassi inferiori di utilizzazione dei servizi di assistenza sanitaria preventiva e vaccinale.

Per prevenire tale disturbo sarebbe necessario effettuare uno screening della DPP, che è stato dimostrato, potrebbe essere effettuato routinariamente nella pratica dei servizi. Gli strumenti psicometrici più indicati per lo screening sono i questionari autosomministrati, brevi, di facile comprensione e che possono essere valutati da qualsiasi operatore sanitario addestrato(ad es. il questionario PHQ-9 Patient Health Questionnaire-9 items di Kroenke, Spitzer e Williams et al. 2001, liberamente disponibile e tradotto in più di 30 lingue).

Successivamente alla diagnosi l’istituto NICE raccomanda l’utilizzo tempestivo di alcuni interventi psicologici come strategie di autoaiuto, counselling, la psicoterapia cognitivo-comportamentale e interpersonale breve. La terapia farmacologia antidepressiva è consigliata, sotto controllo del medico specialista, se la donna non vuole effettuare la terapia psicologica o se quest’ultima si dimostra inefficace.

di Valentina Palminteri
© Riproduzione Riservata
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