Come ormai si sá, in circolazione ci sono 4 vaccini anti covid, approvati dall’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) e dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), e sono: il Comirnaty di Pfizer-BioNTech, lo Spikevax di Moderna, il Vaxzevria di AstraZeneca e l’Ad26.COV2.S di Johnson & Johnson.
L’aspettativa è che le due agenzie possano approvare altri vaccini basati su teconologie diverse da quelle che si sono imparate a conoscere come il VLA2001 di Valneva SE a virus inattivato e l’NVX-CoV2373 di Novavax basato su proteine ricombinanti. Quest’ultimo, nello specifico, durante lo studio di Fase 3 “PREVENT-19” condotto in Messico ha dimostrato un’efficacia del 100% contro la forma moderata e grave della Covid e del 93,4% contro le varianti di preoccupazione (VOI).
Questo vaccino si basa su una tecnologia di proteine ricombinanti, che sono il risultato appunto della ricombinazione di sequenze di DNA che vengono ingegnerizzate in laboratorio. Questo tipo di proteina ha lo scopo di produrre, se generata in vari modi, grandi quantità di proteine e modificare le sequenze geniche.
Per la produzione di queste proteine si utilizza DNA ricombinante (rDNA) artificiale (ottenuto dalla combinazione di più fonti genetiche), che viene elaborato e plasmato attraverso enzimi per ottenere la sequenza desiderata.
Per quel che riguarda i vaccini, alla fine del processo di produzione, si otterrà un insieme di proteine che assemblandosi (o no) riprendono parti dell’agente patogeno da contrastare, quindi le proteine ricombinanti stimolano il sistema immunitario nella produzione anticorpi neutralizzanti. Per il vaccino NVX-CoV2373 di Novavax, le proteine ricombinanti non sono altro che frammenti della proteina S o Spike.
La differenza con i vaccini in circolazione è che mentre Pfizer e Moderna istruiscono le cellule per produrre la proteina Spike, il nuovo vaccino Novavax consente di ricevere direttamente le parti di questa proteina, che viene immediatamente riconosciuta e “attenzionata” dalle nostre cellule immunitarie.
Per incrementare la risposta immunitaria corre in aiuto un adiuvante, il “Matrix-M”. Questo è a base di saponina, un costosissimo principio attivo che si estrae da una pianta cilena chiamata Quillaja saponaria e che, per il suo costo, ha rallentato parecchio la ricerca.