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Bullismo e cyberbullismo: riconoscerlo e prevenirlo

Nell’ottobre 2017 è stato presentato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca l’aggiornamento delle linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e cyberbullismo, così come previsto dalla Legge n. 71/2017.

Tale documento ha provveduto ad una vera e propria riorganizzazione della governance: alle scuole viene affidato il compito di promuovere l’educazione all’uso consapevole di internet, anche mediante appositi progetti da effettuarsi con la collaborazione di enti locali, servizi territoriali, organi di polizia ed altre associazioni.

Da uno studio dell’Istat, che fotografa la situazione dell’anno 2014,in Italia un ragazzino su due è vittima di episodi di bullismo. L’età a rischio è quella compresa fra 11 e i 17 anni, anche se il periodo più critico è fra 11 e 13. Il cyberbullismo colpisce il 22,2% di tutte le vittime di bulli.

Con il termine bullismo si definisce un comportamento aggressivo ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi. I ruoli del bullismo sono ben definiti: da una parte c’è il bullo, colui che attua dei comportamenti violenti fisicamente e/o psicologicamente e dall’altra parte la vittima, colui che invece subisce tali atteggiamenti.

Le principali caratteristiche che permettono di definire un episodio con l’etichetta “bullismo” sono l’intenzionalità del comportamento aggressivo agito, la sistematicità delle azioni aggressive fino a divenire persecutorie e l’asimmetria di potere tra vittima e persecutore.

Tali agiti si inseriscono in dinamiche relazionali tra ragazzi come forma disfunzionale di comportamento sociale e  accadono, solitamente, all’interno del contesto scolastico o in ambienti in cui sono frequenti contatti tra pari. In linea generale i comportamenti aggressivi che caratterizzano il bullismo sono:offese, parolacce e insulti;derisione per l’aspetto fisico o per il modo di parlare; diffamazione;esclusione per le proprie opinioni; aggressioni fisiche.

Il bullismo non è un fenomeno di nuova generazione, ma è innegabile che presenti oggi dei caratteri di novità, uno dei quali è ascrivibile nelle potenzialità offerte dalle strumentazioni tecnologiche. Una nuova manifestazione di atti di bullismo, è infatti, il cyberbullismo, che viene definito come quella forma di prevaricazione volontaria e ripetuta nel tempo, attuata mediante uno strumento elettronico ( ad es. sms, mms, e-mail, chatrooms, social-network ecc.)  perpetuata contro un singolo o un gruppo con l’obiettivo di ferire e mettere a disagio la vittima di tale comportamento, che non riesce a difendersi.

La specificità del fenomeno cyberbullismo risiede nella modalità di trasmissione del messaggio denigratorio o aggressivo, che a differenza del bullismo tradizionale, non avviene di persona. Ogni qualvolta il materiale, oggetto di queste violenze, finisce in rete è difficile che venga rimosso o cancellato. Questo fa si che la vittima si senta ancora più impotente, rinforzando lo sbilanciamento di potere tra gli attori coinvolti (bullo e vittima).

Inoltre, a differenza del bullismo tradizionale, nel cyberbullismo viene a mancare un feedback diretto sugli effetti delle aggressioni perpetuate a causa della mancanza contatto diretto con la vittima, l’anonimato dell’aggressore e l’assenza di coordinate spaziotemporali, sono i due fattori che più di ogni altra cosa intimoriscono la vittima, contribuendo ad alimentare il fenomeno.

Le conseguenze psicologiche del bullismo sono molteplici e gravi:perdita dell’autostima e della fiducia negli altri; isolamento sociale, fino a disagi più complessi quali terrore di andare a scuola o frequentare luoghi diversi dal contesto famigliare,  ansia e attacchi di panico, cali dell’umore o veri e propri episodi di depressione, disturbi dell’alimentazione (quali anoressia e bulimia). Se non ben identificata la sofferenza può condurre la vittima a desiderare fine alle vessazioni attraverso il suicidio.

Il modo più efficace per contrastare il bullismo è senza dubbio la prevenzione e l’intervento precoce.

Scuola e famiglia hanno in questo senso una grande responsabilità: dovrebbero riuscire a trasmettere ai bambini e agli adolescenti valori come la condivisione, il rispetto reciproco e la stima di sé; aiutare l’adolescente a costruire amicizie costruttive e positive monitorando l’utilizzo dei social e del cellulare; far comprendere che non esiste un modo di essere corretto ma tanti modi diversi, ognuno con le proprie caratteristiche personali che ci rendono unici e speciali e che la violenza non è accettabile, sotto qualsiasi forma appaia.

di Valentina Palminteri
© Riproduzione Riservata
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