Riaccendiamo i riflettori che si sono spenti sulla nostra categoria. Sono passati più di due anni da quando il covid19 ha risaltato le figure sanitarie che in un SSN hanno dimostrato coraggio, passione e professionalità. L’inizio di una affannata ricerca di figure professionali, ha messo in chiaro dibattito come, il SSN smembrato dopo anni di disinteresse, non avrebbe retto l’urto di una emergenza. Cronache sbattute sulle testate giornalistiche in prima pagina dove la parola “eroi” era di facile penna oscurando la parola umani che sarebbe stata più appropriata.
Si “umani” perché i professionisti non sono macchine da guerra ma esseri umani che hanno tra le mani la vita dei pazienti, con il coraggio nel cuore e la paura accanto. Abbiamo assistito ad una sorta di cambiamento della professione ma mai un dito smosso per il riconoscimento giuridico, eppure la categoria che è stata più da vicino ed a stretto contatto con i pazienti esiste. Si chiama O.S.S..
Vogliamo ricordare che si chiamano Operatori Socio Sanitari non operatori usa e getta. Forse questo conta poco per molti ma per noi conta la realtà e l’esistenza che fa di noi una categoria determinata e professionale. Ricercare le soluzioni provvisorie con la nascita di nuove categorie, indefinite, dove si aggiunge la parola “super” , evidenzia una enorme confusione delle mansioni e delle responsabilità. Gli O.S.S. sono stati messi in risalto nel momento peggiore della pandemia, quando ancora tutto era allo scuro. Il personale non basta ancora e lo dimostra l’aumento dei contagi che ci impone di dire che ci troviamo di fronte ad una situazione di partenza, come se nulla è stato fatto fino ad ora e dovendo ancora una volta affrontare la realtà di questa emergenza sanitaria. Occorre mettere ordine ma questo può avvenire solo al Nazionale dove non si parla più degli Operatori Socio Sanitari. Ebbene si. I riflettori sono stati spenti, dimenticando tutto e tornando a sminuire la categoria che invece non è mai assente.
C’è chi cerca di cavalcare l’onda del momento assistendo a delle spaccature e lacune della categoria che a nostro parere dovrebbe essere univoca in tutto il territorio nazionale. Non si può pretendere di formare O.S.S. se prima non si mette sui tavoli ministeriali la proposta perfetta per la categoria da dove nascono poi le diverse possibilità di crescita professionale.
Se l’ O.S.S. non ha obbligo di formazione e non può accedere ai corsi ECM, solo se come uditore, capiamo benissimo come mai ancora non si è voluto dare alla categoria il giusto merito. Sono svaniti i proclami, gli applausi per tutti i sanitari che restano insufficienti per garantire un SSN in parte risollevato, assistendo ancora alla carenza e alla speranza che tutto si possa risolvere, ma essere di fronte ad una nuova emergenza è il risultato di politiche allo sfacelo e che dovrebbero velocizzare le garanzie contrattuali. Prima di pensare alla formazione del “super” occorre rafforzare le risorse assumendo nuovo personale.
Il governo nazionale ha dimenticato parecchie cose sugli O.S.S. che sono stati con coraggio a contatto diretto con i pazienti covid. Sono stati quelli che hanno messo di più la loro vita a rischio perché hanno passato ore ed ore accanto i pazienti sostituendosi ai loro bisogni primari. Sono stati anche quelli che hanno lavorato come volontari della Protezione Civile ed oggi sono stati scartati dalla guerra in trincea. Non sono serviti più e non sono stati più considerati. Di contro si istituiscono tavoli tecnici per questo “super” che di un giuridico riconoscimento non ha nulla. Concentrando la nostra attenzione a tutta la categoria focalizziamo tanti perché e tante risposte rimaste irrisolte e non ascoltate. Eppure le istituzioni sanno che i l personale sanitario è altamente insufficiente, che hanno bisogno di risorse.
Uomini e donne impegnati in prima linea. Una figura che è stata reclutata ovunque, in una guerra che li ha visti protagonisti nelle carceri dove il loro contributo è stato meraviglioso. Un supporto esemplare che li ha impegnati con i detenuti ma questo pochi lo dicono. Ebbene se gli O.S.S. sono una categoria in piena evoluzione, e lo dimostra il fatto che sono presenti anche nei contesti sociali, non abbasseremo la guardia e adesso riaccendiamo i riflettori su quella che potrebbe essere una formazione avanzata per la categoria dopo la proposta di un riconoscimento giuridico che teniamo pronta non appena il Governo nazionale si stabilizzerà dalla crisi. Il rapporto sociale e umano è la base della alta formazione perché ne mette in risalto i principi morali e deontologici che non vengono mai evidenziati da nessuno soprattutto da chi millanta aspettative discontinue alla categoria e distoglie lo sguardo dai pazienti che non possono fare a meno della stessa e la cui cultura della competizione alimenta la netta spaccatura senza riuscire a costruire nulla.
La gestione sanitaria non va fatta solo del covid19 ma deve tenere conto di tutti gli aspetti sanitari, politici, economici e costituzionali. Riteniamo opportuna e fondamentale la necessità della trasparenza della legittimità e della equità dei processi decisionali correlati alla figura dell’operatore socio sanitario che concentrano la loro maggiore forza sul valore dei pazienti e delle loro realtà. Occorre una crescita che punti il suo focus sul lavoro così come cita la nostra Costituzione Italiana. Gli O.S.S. – dichiara la Presidente – hanno portato avanti, in silenzio, il loro lavoro.
Affannati da turni massacranti, stremati dalle forze, dal troppo caldo, privi di un aiuto morale che hanno dovuto trovare da soli, tra una vestizione ed una svestizione degli scafandri bianchi che indicano purezza. Non è stato facile trasmettere serenità e dolcezza ai pazienti. In silenzio hanno saputo affrontare quello che molti non sanno. Dal rischio della vita alle aggressioni. Dalla stanchezza fisica al rischio di non poter tornare a casa dopo una notte in bianco e doppi turni sulle spalle. Quanti ancora riescono a criticare quello che hanno fatto i sanitari non potranno mai capire come si lavora nelle aziende sanitarie per salvare una vita. E nessuno sa come si è lavorato nelle carceri con la paura di essere aggrediti. Occorre considerare adesso la figura come quella figura strategica che possa entrare nel circuito delle professioni riconosciute ed evidenziarne anche un futuro più lungimirante. Occorre fermezza nel difendere la categoria perché la stessa adesso ha veramente bisogno di un punto fermo e che sia per tutti e questo si può ottenere solo andando controvento.