Radiomica, intelligenza artificiale e metaverso diventano nuovi alleati per combattere il cancro al colon-retto, che con 48.000 nuovi casi l’anno è il secondo tumore più frequente nel nostro Paese e anche il secondo fra i più letali con oltre 21.000 decessi l’anno.
Ma anche per le neoplasie localmente più avanzate, la chirurgia resta comunque primaria e la percentuale di sopravvivenza dopo 5 anni è di oltre il 60%, grazie ai programmi di screening e all’evolversi delle tecniche chirurgiche con il supporto delle nuove tecnologie.
A fare il punto sono i chirurghi europei e italiani riuniti per il congresso Internazionale di chirurgia oncologica del retto organizzato a Verona dalla Chirurgia Generale dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta dal dottor Giacomo Ruffo. Gli esperti hanno spiegato che l’intelligenza artificiale può guidare la scelta degli interventi, la realtà aumentata può renderli più efficaci e il metaverso può migliorare la formazione dei chirurghi ma anche aumentare la qualità degli interventi e l’accesso dei pazienti alle cure.
“L’intelligenza artificiale può essere applicata alla chirurgia del colon-retto in varie fasi prima, durante e dopo gli interventi – spiega Ruffo -. Un esempio è la radiomica in cui le immagini diagnostiche vengono analizzate dall’intelligenza artificiale che è in grado di elaborare una quantità enorme di dati prodotti da Tac e risonanza magnetica. Ciò consente di ricavare informazioni in grado di predire se un tumore possa rispondere con successo o meno a una terapia, permettendo al paziente di accedere da subito al trattamento più indicato. L’analisi avanzata dei dati clinici con metodologie di intelligenza artificiale – aggiunge – migliora la chirurgia del colon retto, riducendo per esempio il tasso di incidenza delle complicanze post-operatorie fino al 6%“. Senza contare le prospettive possibili grazie all’arrivo del metaverso in sala operatoria: “Con i visori dedicati che permettono di immergersi nel metaverso virtuale tridimensionale, per esempio, è possibile connettersi e condividere contenuti da qualunque parte del mondo per abbattere le barriere di distanza, consentendo quindi una maggiore equità di accesso alle cure ai pazienti che vivono anche nelle aree più remote e distanti dagli ospedali”, conclude Ruffo.