Triturare una compressa o aprire una capsula altera la forma farmaceutica, modificando la biodisponibilità e determinando gravi rischi per i pazienti e gli operatori.
La difficoltà di deglutizione e il rifiuto della terapia spesso impongono la necessità di somministrare compresse alterate: tritate o decapsulate.
Tale pratica, molto comune soprattutto con gli anziani, non è priva di rischi e in alcuni casi può determinare eventi avversi sia per i pazienti che per gli operatori sanitari.
La triturazione o la decapsulazione altera la forma farmaceutica e quindi la concentrazione e la velocità di assorbimento, aumentando la tossicità e diminuendo l’efficacia del farmaco.
I farmaci a rilascio prolungato, come l’ibuprofene, una volta tritati o decapsulati possono incrementare i livelli ematici di farmaco, potenziando gli effetti tossici.
Allo stesso modo, alterare le compresse “gastroresistenti” come quelle dell’omeprazolo o l’acidoacetilsalicilico, porta alla distruzione del rivestimento concepito per mantenere intatto il farmaco affinchè giunga in intestino senza produrre effetti lesivi allo stomaco, o per evitare l’inattivazione da parte dei succhi gastrici.
In alcune situazioni, la triturazione può determinare sovradosaggio, molto pericoloso per i farmaci con basso indice terapeutico, ovvero quando le concentrazioni ematiche efficaci si avvicinano molto a quelle tossiche. In questi casi, una piccola differenza nelle concentrazioni può provocare gravi eventi avversi.
E’ il caso, ad esempio, delle capsule di anticoagulante orale: decapsulare aumenta la biodisponibilità del farmaco del 75% e pertanto espone il paziente a rischio di emorragie. Ancora, frantumare le compresse o aprire le capsule può provocare ulcerazioni orali o gastrointestinali per il contatto con il principio attivo.
Lo stesso discorso vale per la somministrazione di farmaci diluiti o mescolati con gli alimenti: l’amlodipina ha un assorbimento ritardato con la marmellata e il succo di pompelmo aumenta la biodisponibilità.
Quali sono i rischi per gli operatori sanitari?
Frantumare le compresse o aprire le capsule crea un potenziale pericolo per la salute dell’operatore sanitario: la frantumazione e la movimentazione delle polveri senza dispositivi protettivi espone gli infermieri al rischio di allergie, intossicazioni da contatto o inalazione, effetti citotossici e teratogeni.
Il farmaco frantumato diviene non identificabile e può portare alla somministrazione di dosi incomplete o alla somministrazione di un principio attivo degradato per il contatto con la luce o l’umidità. Infatti, una volta polverizzato è impossibile identificarlo, soprattutto se vengono triturati insieme più farmaci, aumentando il rischio di somministrazione al paziente sbagliato.