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Pronto soccorso tra violenza e carenza di personale è il tema dell’evento svolto a Villa Magnisi, sede dell’Ordine dei medici di Palermo, organizzato dalla segreteria regionale CIMO (Confederazione Italiana Medici Ospedalieri) e della Federazione CIMO-FESMAED (Federazione Sindacale Medici Dirigenti) della Sicilia.
L’evento dal titolo “La situazione drammatica dei Pronto Soccorso siciliani. Analisi dei problemi e proposte per risolverli” ha visto come partecipanti il presidente regionale della Federazione CIMO-FESMED Riccardo Spampinato, il segretario regionale CIMO Giuseppe Bonsignore, il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo e consigliere della Federazione nazionale Fnomceo Toti Amato, l’assessore alla Salute Ruggero Razza.
Per quanto riguarda il personale: “L’auspicio è che il contratto collettivo – prosegue l’assessore – che consente di incentivare economicamente chi lavora al pronto soccorso, venga reso subito operativo“.
Quello che preoccupa quindi è la violenza che consegue alla disorganizzazione. Violenza non soltanto verbale ma anche fisica, arrivando a scontri diretti con i medici: “Quello che ci preoccupa è l’argomento violenza – sostiene Amato. Le soluzioni vanno ricercate ad ampio raggio: la prima è un fatto educativo, le persone che si rivolgono al pronto soccorso talvolta reputano di avere esigenze prioritarie rispetto agli altri. Il personale che lavora sotto stress non può seguire tutto e quando si è stanchi la comunicazione non può avvenire“.
“Vogliamo ragionare su come migliorare i Pronto Soccorso” ha spiegato Riccardo Spampinato. “In Sicilia c’è solo il 53% dei medici in servizio rispetto alle piante organiche previste. S
ignifica che sui 786 previsti ce ne sono 414. Questo è già un segno di criticità enorme. Inutile fare i Pronto Soccorso con cinque sale visite se poi c’è un solo medico. Questo comporta lunghe attese nella zona di filtro nel triage. Il paziente che arriva, siccome è convinto di essere lui il centro del mondo, ad un certo punto vuole una risposta che arriva, non filtrata, dopo 2-3 ore
e a quel punto sfoga tutta la sua rabbia e l’instabilità sociale. Non c’è il rispetto del camice, della divisa e dell’insegnante, non siamo più abituati ad aspettare e la logica soggiace all’attesa. Non sapendo con chi prendersela se la prendono col medico del Pronto Soccorso, questo non è più accettabile”.
“Noi chiediamo una vigilanza attiva che garantisca la serenità di lavoro agli operatori sanitari – ha aggiunto Spampinato -. Ma soprattutto una legge nazionale che consenta ai giovani di entrare nei Pronto Soccorso non con i contrattini a tre-sei mesi ma a tempo indeterminato. Serve un incentivo perché non vedo come un giovane dovrebbe scegliere il pronto soccorso a parità di stipendio: serve un’indennità di funzione. Quella del medico al Pronto Soccorso è un’attività sociale”.