I cittadini italiani hanno il diritto di essere assistiti in strutture sanitarie di Regioni differenti da quella di residenza, concretizzando il fenomeno della mobilità sanitaria interregionale.
Nel 2017 il valore della mobilità sanitaria ammonta a 4.578,5 milioni di euro, importo approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome lo scorso 13 febbraio, previa compensazione dei saldi.
Le Regioni con saldo positivo superiore a 100 milioni di euro sono tutte del Nord, mentre quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte del Centro-Sud.
“Le nostre analisi – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in riferimento al report dell’osservatorio Gimbe che analizza la mobilità sanitaria 2017 – sono state effettuate esclusivamente sui dati economici della mobilita’ sanitaria aggregati in crediti, debiti e relativi saldi, ma per studiare al meglio questo fenomeno abbiamo già inoltrato formale richiesta dei flussi integrali trasmessi dalle Regioni al Ministero che permetterebbero di analizzare, per ciascuna Regione, la distribuzione delle tipologie di prestazioni erogate in mobilità, la differente capacità di attrazione di strutture pubbliche e private accreditate e la Regione di residenza dei cittadini che scelgono di curarsi lontano da casa, identificando le dinamiche della mobilità, alcune ‘fisiologiche’ ed altre francamente ‘patologiche’“.
Per la mobilità attiva, sei Regioni con maggiori capacità di attrazione vantano crediti superiori a 200 milioni: in testa Lombardia (25,5%) ed Emilia Romagna (12,6%) che insieme contribuiscono a oltre 1/3 della mobilità attiva. Un ulteriore 29,2% viene attratto da Veneto (8,6%), Lazio (7,8%), Toscana (7,5%) e Piemonte (5,2%). Il rimanente 32,7% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre 15 Regioni, oltre che all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (217,4 milioni) e all’Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta (39,7 milioni).
In generale emerge una forte attrazione delle grandi Regioni del Nord, a cui fa da contraltare quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud, con la sola eccezione del Lazio. Per la mobilità passiva, le sei Regioni con maggiore indice di fuga generano debiti per oltre 300 milioni: in testa Lazio (13,2%) e Campania (10,3%) che insieme contribuiscono a circa 1/4 della mobilità passiva; un ulteriore 28,5% riguarda Lombardia (7,9%), Puglia (7,4%), Calabria (6,7%), Sicilia (6,5%). Il restante 48% si distribuisce nelle altre 15 Regioni. Più sfumate le differenze Nord-Sud nella mobilità passiva.
In particolare, se quasi tutte le Regioni del Sud hanno elevati indici di fuga, questi sono rilevanti anche in tutte le grandi Regioni del Nord con elevata mobilita’ attiva, testimoniando specifiche preferenze dei cittadini agevolate dalla facilità di spostamento tra Regioni del Nord con elevata qualità dei servizi sanitari: Lombardia (-362,3 milioni), Piemonte (-284,9 milioni), Emilia Romagna (-276 milioni), Veneto (-256,6 milioni) e Toscana (-205,3 milioni).
“Con il nuovo indicatore elaborato dalla Fondazione Gimbe – precisa Cartabellotta parlando del saldo pro-capite di mobilità sanitaria – la classifica dei saldi si ricompone dimostrando che, al di là del valore economico, gli importi relativi alla mobilità sanitaria devono sempre essere interpretati in relazione alla popolazione residente“.
In particolare: il Molise conquista il podio nella classifica per saldo pro-capite; si riducono le differenze delle prime tre Regioni nel saldo pro-capite: Lombardia (€ 78), Emilia Romagna (€ 69), Molise (€ 65); la Calabria precipita in ultima posizione con un saldo pro-capite negativo di € 144, pari circa a tre volte quello della Campania (€ 55) e di poco inferiore alla somma del saldo pro-capite positivo di Lombardia ed Emilia Romagna.
“In tempi di regionalismo differenziato – conclude Cartabellotta – il report Gimbe non solo dimostra che il denaro scorre prevalentemente da Sud a Nord, ma che l’88% del saldo in attivo alimenta proprio le casse di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, mentre il 77% del saldo passivo grava sulle spalle di Puglia, Sicilia, Lazio, Calabria e Campania. Anche se la bozza del Patto per la Salute 2019-2021 prevede numerose misure per analizzare la mobilità sanitaria e migliorarne la governance, difficilmente la ‘fuga’ in avanti delle tre Regioni potrà ridurre l’impatto di un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche“.