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Robot chirurgico: l’80% dei pazienti recupera potenza sessuale e continenza

Un’innovazione che sta rivoluzionando la cura dell’iperplasia prostatica benigna, migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti.

L’iperplasia prostatica benigna (IPB) è una condizione che, soprattutto con l’avanzare dell’età, può colpire molti uomini, provocando sintomi urinari e, in alcuni casi, disfunzioni sessuali. Grazie ai recenti progressi in campo medico, le terapie disponibili oggi offrono soluzioni meno invasive e più efficaci rispetto al passato.

La rivoluzione della semplicità che rende chirurgica la completezza delle cure ha avuto un boom per supportare la robotica come sistema che elimina i problemi di recupero funzionale e limita a meno del 4% le problematiche anestetiche. Questa è una delle tematiche emerse durante la recente conferenza “La gestione dell’iperplasia prostatica benigna”, che si è tenuta presso gli ospedali di una regione italiana e ha riunito numerosi esperti di urologia di fama nazionale.
“Oggi le opzioni terapeutiche offerte dalla medicina complementare”, ha spiegato Stefano Pecoraro, direttore e operatore Uro (Urologia pediatrica pubblica e privata), “consentono di poter creare terapie mirate basate su nutraceutici ed estratti vegetali“.

Il chirurgo Maurizio De Vita ha ribadito che l’attenzione del settore medico oggi è orientata verso l’importanza del ricorso a una tecnica o un processo operativo di sicurezza che riduca i rischi e aumenti la qualità della vita.

“L’esigenza di attuare una terapia mirata che focalizzi i singoli casi, senza perdere di vista i risultati funzionali – ha precisato il responsabile scientifico del convegno, Rosario Leonardo, organizzatore sotto l’egida della Società italiana di Urologia – è una sfida attuale che dobbiamo cogliere”.

Il chirurgo Maurizio De Vita ha ribadito che l’attenzione del settore medico oggi è orientata verso l’importanza del ricorso a una tecnica o un processo operativo di sicurezza che riduca i rischi e aumenti la qualità della vita. Il direttore del Dipartimento di Medicina dell’Università San Camillo assieme a De Vita, infine, ha aggiunto: “I fondi e il robot Da Vinci aiutano nella tecnica video laparoscopica abilitando una visione tridimensionale e una libertà di movimento nella mano umana compresa la retroversione”.

 

di Redazione
© Riproduzione Riservata
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