GUARDA IL VIDEO IN ALTO
Sono passati ormai due anni dal primo caso Covid e il 20 febbraio, come per l’anno scorso, si celebra la Giornata nazionale dei Camici Bianchi. Questa nasce con l’obiettivo di onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e, soprattutto, il sacrificio dei medici che hanno perso la vita a causa della pandemia. Sono infatti 370 le vittime tra il personale medico siciliano.
“Oggi è un momento particolare. Noi come sanitari in Sicilia vogliamo ricordare con una preghiera multirazziale i medici che hanno perso la vita per curare i pazienti Covid. Ricordiamoci che sono 12 milioni i pazienti che sono stati curati dai sanitari, perché è questo il compito del medico: salvare le persone anche a rischio della propria vita“, dichiara il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo, Toti Amato, componente del direttivo della Federazione nazionale FNOMCeO.
La preghiera ha avuto luogo nella Chiesa della Madonna delle Lacrime dell’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo, alla presenza dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice e i rappresentanti delle comunità religiose musulmana, ebraica e ortodossa, i vertici del mondo istituzionale, universitario e medico. A condividere la solennità dell’incontro, tra gli altri, l’assessore alla Formazione Roberto Lagalla e il presidente dell’Ordine degli Infermieri, Nino Amato.
“Questa è una giornata che ci deve fare riflettere – sostiene il presidente dell’Ordine degli Infermieri – bisogna stare vicino soprattutto ai familiari delle vittime. Gli infermieri si sono sempre distinti nel proprio lavoro e nello stare in trincea. Questo non è solo un momento di riflessione, ma serve anche a dire basta di essere chiamati eroi ma di farci riconoscere quelle competenze che abb
iamo dimostrato in campo“.
È stato un momento di riflessione anche per l’assessore Lagalla: “Bisogna fare una riflessione sullo stato attuale, su quello che abbiamo passato e superato e su quello che potrebbe essere. È fondamentale quindi riporre piena fiducia nelle indicazioni delle autorità scientifiche e delle istituzioni politiche“.
“Il messaggio è dalla vita, di quanti in questi due anni di pandemia tra medici e personale sanitario hanno testimoniato che ancora ci sono tanti disposi a dare la propria vita per altri, a donarla. Oggi abbiamo bisogno di questi messaggi positivi. Io penso che oggi tutte le religioni debbano dare il messaggio che siamo tutti cittadini della casa comune che è la Terra. Io penso che oggi tutte le religioni debbano dare questo messaggio, riconoscere nel volto dell’altro un fratello o una sorella“, conclude l’arcivescovo Lorefice.