L’ex direttore generale dell’azienda sanitaria provinciale di Trapani, Fabio Damiani, ha ammesso davanti ai pm di Palermo di avere ricevuto una somma, compresa fra 37 mila e 50 mila euro, nell’ambito della vicenda oggetto di inchiesta da parte della Guardia di finanza e denominata “Sorella sanità”. Damiani è l’ex responsabile della Centrale unica di committenza della Regione Sicilia ed è in carcere dal 21 maggio, con l’accusa di corruzione, per avere fatto parte di una cricca che avrebbe condizionato gli appalti – da 600 milioni complessivi – della sanità siciliana.
Il 29 luglio Damiani ha accettato di farsi interrogare dai magistrati del pool coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis. “Effettivamente ho ricevuto da Salvatore Manganaro 50 mila euro il 4 dicembre 2018 – detta a verbale l’indagato – In realtà non erano 50 mila ma 37 mila complessivi“. Secondo la versione dell’ex manager, che tende a minimizzare e vorrebbe negare che si trattasse di una tangente, il suo collaboratore Manganaro avrebbe ottenuto quel denaro in virtù di alcuni favori fatti da lui stesso alla società Siram, che si era aggiudicata un appalto da 126 milioni per la fornitura dei vettori energetici e per la gestione degli impianti tecnologici dell’Asp 6.
Successivamente Manganaro avrebbe insistito perché Damiani accettasse una parte di quei soldi: “E io purtroppo li ho presi“. La versione non convince i pm Giovanni Antoci e Giacomo Brandini: in precedenza lo stesso Manganaro aveva ammesso di avere preso 100 mila euro dal dirigente della Siram, Crescenzo De Stasio, detto Salvatore, e di averli divisi con Damiani. Quest’ultimo, in sede di interrogatorio, e’ poi costretto ad ammettere pure di avere ricevuto da Manganaro un bancomat e, secondo quanto risulta dalle chat di Telegram tra i due, da quel conto l’ex manager della sanita’ avrebbe fatto prelievi per 20 mila euro.