Cari Lettori,
numerose testate giornalistiche, inclusa questa, hanno divulgato l’informazione relativa alla settimana mondiale dell’endometriosi, avuta luogo qualche giorno fa (https://www.sanitainsicilia.it/giornata-mondiale-
dellendometriosi-sabato-monumenti-illuminati-di-giallo-il-colore-della-patologia_409540/). Non tutte, tuttavia, hanno approfondito il tema, offrendo ai propri lettori informazioni su cosa sia l’endometrio e in cosa consista questa patologia. Vogliamo col presente articolo contribuire a colmare questa lacuna.
Cominciamo col precisare che l’apparato riproduttore femminile consiste di vari organi che possono essere suddivisi in tre gruppi: le gonadi (ossia le ovaie), i genitali interni (alias, tube di Falloppio, utero e vagina) e i genitali esterni (che, nel loro complesso, costituiscono la vulva). L’oggetto della nostra attenzione quest’oggi, in prima istanza, è l’utero.
L’utero è l’organo della gestazione. Viene classicamente descritto come un organo cavo, impari e mediano, posto al centro della cavità pelvica, con una forma di pera capovolta. Se ne descrivono due facce (una anteriore, in rapporto con la vescica, e una posteriore, in rapporto col retto), due margini (sedi di importanti legamenti, alcuni veri e propri mezzi di fissità, altri residui organogenetici) e varie porzioni: dall’alto verso il basso, troviamo il fondo, il corpo l’istmo e il collo (detto anche “cervice”). Tra fondo e corpo troviamo lo sbocco delle tube, mentre il collo sbuca in vagina.
L’aspetto che però maggiormente ci interessa, per l’argomento scelto, è la struttura: l’utero – essendo un organo cavo – ha una parete costituita da strati sovrapposti: dall’esterno verso l’interno troviamo il perimetrio, il miometrio e l’endometrio. Mentre i primi due sono costituiti da tessuti abbastanza stabili per tutto l’arco di vita della donna (fatto salvo il periodo gravidico), il terzo è quello che maggiormente caratterizza la vita fertile del genere femminile, dal menarca alla menopausa, andando incontro alle ben note cicliche modificazioni strutturali.
Il ciclo uterino (o mestruale), che di norma ha la durata di 28 giorni, consta di tre fasi: rigenerativa/proliferativa, secretoria e mestruale. Le prime due hanno la durata di una dozzina di giorni ciascuna; l’ultima dura il restante lasso di tempo, sebbene questi tempi presentino un’ampia variabilità interindividuale.
Volendo essere molto semplici e chiari, l’endometrio – ad ogni ciclo – si prepara ad accogliere un uovo (ovocita) fecondato, ossia un embrione, se l’annidamento dell’embrione non avviene, esso degenera e si distacca dalle pareti interne dell’utero, generando una piccola emorragia (il cosiddetto “flusso mestruale”). La fase rigenerativa/proliferativa serve per l’appunto a ricostituire l’endometrio sfaldatosi durante il flusso mestruale precedente. La fase secretoria a rendere l’organo il più accogliente possibile per l’embrione. La fase mestruale, infine, azzera tutto il processo e lo fa ripartire.
Il ciclo uterino è sincronizzato col ciclo ovarico (vedasi figura), nel senso che l’ovulazione (l’espulsione dell’oocita dall’ovaio) si ha circa nel momento in cui vi è il passaggio dalla fase rigenerativa/proliferativa a quella secretoria, per dare tempo all’uovo di essere fecondato (in genere nelle tube uterine) e quindi all’embrione di giungere –pronto per l’impianto – nella cavità uterina. Questo momento coincide anche con un brusco calo dei livelli di estrogeni circolanti e un altrettanto brusco aumento dei livelli di progesterone, ormoni attivamente coinvolti nell’alternanza tra le fasi del ciclo mestruale, in quanto agiscono direttamente anche sull’endometrio.
Ciò detto, cosa si intende per endometriosi? Questa malattia – la cui genesi non è ancora stata chiarita e i cui sintomi sono spesso molto invalidanti per la donna – vede la presenza di isolotti di endometrio al di fuori dell’utero. L’endometrio può trovarsi adeso sulla faccia esterna di un altro organo della cavità pelvica (come ad esempio l’ovaio, un legamento uterino o la vescica) o anche della cavità addominale (ad esempio, su un’ansa di intestino). Questo endometrio è vascolarizzato e quindi suscettibile agli stimoli ormonali, e pertanto va incontro alle stesse modificazioni strutturali descritte a riguardo dell’endometrio presente all’interno dell’utero, inclusa l’emorragia che – verificandosi in una sede ectopica – determina una dolorosa irritazione dei tessuti limitrofi.
Come dicevamo, le cause non sono note, non potendosi al momento escludere né quelle congenite
(migrazione, in epoca embriofetale, di tessuto endometriale all’esterno dell’utero) né tanto meno quelle acquisite (reflusso di endometrio attraverso le tube nella cavità pelvica, piuttosto che disseminazione di tessuto endometriale a seguito di interventi chirurgici all’utero).
In ogni caso l’impatto con la qualità della vita della donna può essere molto importante e il ricorso alle terapie farmacologiche non è sempre risolutivo. Saranno quindi necessari ulteriori sforzi degli scienziati impegnati in questo campo per trovare una cura diffusamente efficace per questa malattia.