Un incidente sul lavoro e la corsa in ospedale. Momenti drammatici per A.P., paziente cinquantenne di Favara, giunto alcuni giorni addietro al pronto soccorso del “San Giovanni di Dio” in gravissimo stato di shock emorragico dopo esser caduto su una grande lastra di vetro conficcandosi un lungo frammento appuntito alla radice della coscia destra in corrispondenza del gluteo. Dopo aver tentato un tamponamento compressivo i sanitari hanno immediatamente avviato in sala operatoria il malcapitato, gravemente ipoteso per via dell’emorragia imponente e con un valore di emoglobina pari a 4 g/dl, affidandolo all’equipe operatoria dell’Unità operativa complessa di chirurgia vascolare coordinata dal direttore del reparto, Leonildo Sichel, e composta dalle dottoresse Antonella Di Gregorio e Debora Perricone.
Qui un’amara sorpresa ossia la diagnosi della sezione quasi completa dell’arteria femorale superficiale e di una ferita ovalare di grandi dimensioni sulle pareti della vena consensuale, il cui lembo laterale conteneva lo sbocco di tre grosse collaterali venose. Visto il progressivo precipitare delle condizioni cliniche ed il permanere della perdita ematica e poiché la direzione dell’asse maggiore della ferita sembrava dirigersi verso l’inguine, si era infatti deciso di compiere un tentativo estremo e cioè l’esplorazione e l’eventuale clampaggio del tripode femorale, nell’evenienza che fosse stato leso uno dei principali rami di tale vaso, ed è proprio in questa fase che è emersa appieno la gravità della lesione.
Nonostante le grandi difficoltà tecniche incontrate, dovute anche all’inusuale posizione prona del paziente, e grazie alla collaborazione attivissima dei dottori Vincenzo Lo Bosco, Carmen Liuzzo e Paolo Sgarito, nella veste di rianimatori, oltreché degli infermieri di sala operatoria Luigi Butticé, Patrizia Mallia e Giuseppe Licalzi, l’equipe ha compiuto un lavoro davvero eccellente senza mai demordere. Al termine di un lungo intervento le due lesioni vascolari sono state riparate, con completa restituzio ad integrum degli assi vascolari venosi ed arteriosi, ed il paziente, che sembrava avviato verso un triste destino, è invece sopravvissuto, ha già lasciato il reparto e può tornare serenamente all’affetto dei propri familiari.