Per rendere virtuoso un sistema sanitario ci sono numerosi interventi che si rendono necessari: miglioramento dell’appropriatezza diagnostica e terapeutica, riduzione del rischio clinico, ottimizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici orientati alla complessità clinica del paziente affetto da patologie croniche, riduzione delle ospedalizzazioni in particolare quelle attraverso i pronto soccorso, programmi di screening di dimostrata efficacia per la diagnosi precoce, campagne di vaccinazioni di popolazione e orientati anche a popolazioni speciali (pazienti anziani con patologie croniche per esempio), campagne di prevenzione per il miglioramento dello stile di vita, lotta alle dipendenze (da alcool, da fumo, etc.).
Ricordo che questa capacità decisionale deve essere in grado di produrre razionalizzazione e non razionamento (cosa a cui siamo troppo spesso abituati a subire) e per questo deve passare attraverso tre capacità determinanti: saper operare secondo principi e metodi di clinical governance, saper implementare strategie sagge ed efficaci e, infine, ma non meno importate esprimere capacità di Leadership.
Diventa determinante la capacità di selezionare manager competenti, equilibrati, capaci di decisioni sagge e al di fuori delle vecchie logiche e, soprattutto, capaci di autorevolezza (che si conquista e non si ha come l’autorità).
In questo momento di scelte dei nuovi direttori generali abbiamo voluto capirne di più intervistando un grande esperto del settore, Pier Sergio Caltabiano: manager, formatore, coach e neurolinguista che da oltre trent’anni svolge attività di progettazione, docenza, consulenza e ricerca nell’ambito della gestione dei processi formativi e del comportamento individuale e organizzativo.
E’ fondatore di MATHEXIS , Istituto di Formazione e Consulenza per lo Sviluppo e l’Apprendimento Generativo delle Persone e delle Organizzazioni ed infine è attualmente Direttore della Formazione del CEFPAS , Centro per la Formazione Permanente e l’Aggiornamento del Personale del Servizio Sanitario che ha sede a Caltanissetta.
Cosa vuol dire leadership?
“Nell’ampio scenario in cui le organizzazioni agiscono e interagiscono, il voler essere leader è un processo fortemente correlato alla spinta interiore del desiderare di divenire una guida responsabile. I manager, i maestri, i trainer, i mentori, i coach, gli esperti e i facilitatori dei processi di apprendimento, ovvero i leader cognitivi e organizzativi sono chiamati da secoli a coniugare mondi possibili e apparentemente impossibili, l’etica e l’estetica, la razionalità e l’emozione, la responsabilità e la libertà, l’idea e il risultato, l’impegno e il significato, la giustizia e la bellezza. In tale ottica i leader rappresentano una sintesi semantica, professionalmente e socialmente distinguibile e orientata a declinare una delle attività più antiche della storia dell’umanità: quella del guidare persone e organizzazioni, secondo logiche, ruoli e passioni differenziate, sviluppando progressivamente nuovi territori cognitivi, metodologici e performativi. La leadership è quindi “l’intenzione e l’orientamento ad assumere il ruolo di guida di un gruppo, desiderando di condurre, anche non formalmente, gli altri, senza alcuna finalità personale o negativa per l’organizzazione di appartenenza””.
“L’essere leader comporta pertanto una focalizzazione integrata sui propri obiettivi e su quelli altrui, sul Sé e sugli Altri, con le loro peculiarità, diversità, distintività e pertanto richiede, responsabilmente, un allargamento della propria mappa interpretativa della realtà, un incremento della propria esperienzialità ma soprattutto un riconoscimento, libero e rispettoso, seppure generativamente critico, delle sollecitazioni cognitive provenienti da altri contesti ed esperienze. La qualità di un leader, infatti, la si evince dalla qualità dei suoi follower, dalla loro capacità di interpretare e valorizzare modelli e presupposti, dalle loro competenze e dalla loro eticità comportamentale, dai loro ruoli e dall’autonomia decisionale che li caratterizza nel processo di adesione. I leader del XXI secolo, compresi coloro che operano nel settore della Sanità e della Salute, dovranno, quindi, focalizzarsi su diverse dimensioni critiche, partendo dall’affinamento fondamentale della propria sensibilità sensoriale e percettiva nel saper cogliere i segnali deboli che provengono dai diversi ambiti sociali, economici, professionali e organizzativi che contraddistinguono la società contemporanea. Dovranno voler essere e rappresentare un modello di riferimento per i propri follower, coniugando alterità e autoconsapevolezza, efficienza e attenzione valoriale, competenza e disponibilità, riflessività e resilienza, economicità e tutela dei diritti altrui, flessibilità e desiderabilità. Nella consapevolezza che, come Gilles Pajou ci ha insegnato, la leadership è la capacità di creare mondi cui le persone desiderano appartenere”.
Quali sono i principali stili di leadership e qual è il migliore nella gestione di un’azienda sanitaria?
“La leadership ha visto negli ultimi 60 anni, numerose elaborazioni concettuali, nonché l’individuazione di diversi stili manageriali che di fatto sono stati tesi a coniugare l’interesse alla produttività con l’interesse alla relazione. In tal senso, richiamando Blake e Mouton, sono stati inizialmente definiti 4 stili di leadership principali cosi metaforicamente definiti: – Leadership Parrocchiale, con attenzione alta alla relazione e bassa alla produzione, con un interesse al mantenimento di un clima sereno a tutti i costi indipendentemente dal raggiungimento dei risultati. – Leadership Dittatoriale, con attenzione alta alla produzione e bassa alla relazione, con la finalità di raggiungere gli obiettivi di risultato indipendentemente dal benessere delle risorse umane coinvolte. – Leadership dell’Allenatore, con attenzione sia alla relazione sia alla produzione con elevato interesse alle persone e al loro benessere ma anche al raggiungimento degli obiettivi. – Leadership Esaurita, con scarsa attenzione alla produzione e alle persone e con un disinteresse al conseguimento dei risultati organizzativi e ai bisogni delle risorse umane coinvolte. Negli ultimi anni, si sono affermati modelli di riferimento che hanno voluto sottolineare l’importanza della dimensione emozionale rispetto a quella puramente logico-sequenziale nelle caratteristiche di un leader. Proprio nella gestione di una azienda sanitaria, vengono a essere coniugati valori centrali per le persone quali la salute, il benessere, la cura, l’attenzione all’Altro con schemi più strettamente organizzativi quali l’efficienza, l’economicità, la qualità e la rapidità della prestazione, la capacità di saper interpretare il contesto sociale di riferimento integrando la propria azione manageriale con gli scenari intra- ed extra-aziendali. Pertanto nelle Aziende Sanitarie italiane occorrerà integrare le qualità del leader quale Coach con quelle dell’Emotional e Inspirational leader, ovvero, di un leader attento ai risultati e agli obiettivi da raggiungere ma altresì capace di cogliere gli aspetti emozionali fondamentali nello sviluppo delle relazioni umane creando inspirazione, modellamento e appartenenza a un sistema sanitario complesso caratterizzato da micro e macro dimensioni socio-organizzative.
Cosa vuol dire meta-leadership?
“Come anche anticipato da Robert Dilts, la qualità della propria leadership sarà sempre più connessa con la capacità di essere un reale metaleader, ovvero una figura in grado di fertilizzare le menti, individuando con competenza e pensiero prospettico, i leader situazionali nei diversi contesti in cui non si interviene direttamente. La qualità del livello elaborativo delle conoscenze di un leader dipende, infatti, anche dalla qualità delle contaminazioni positive che lo stesso attiva e, quindi, dalla sospensione di qualunque giudizio aprioristico, che, per opportunità o per affettività, potrebbe essere orientato a esprimere. La generazione di nuovi modelli o di obiettivi sfidanti da perseguire nasce infatti frequentemente proprio dalla contaminazione, razionale o emotiva, di approcci ed esperienze già vissute nonché dalla competenza di saper coniugare, per uguaglianze e per differenze, concetti o modalità già applicati in precedenza e idonei a essere utilizzati, in modo creativamente funzionale, per affrontare nuove situazioni problematiche”.
La logica sistemica dovrebbe partire dall’assessorato; quanto è importante la direzione che può dare l’assessorato e come implementare il miglioramento del sistema sanitario?
“Proprio in un’ottica di sviluppo della meta-leadership l’Assessorato svolge un ruolo centrale individuando, coinvolgendo, responsabilizzando le principali figure apicali del management sanitario regionale. Lo sviluppo di performance eccellenti sotto l’aspetto sia della produttività di servizi qualificati sia di motivazione diffusa delle risorse umane coinvolte sia di implementazione efficiente delle diverse dimensioni logistico-organizzative, sia, infine, del controllo gestionale delle risorse economico-finanziarie assegnate, parte infatti dal Top Management delle Aziende Sanitarie che quindi deve essere individuato coniugando inequivocabili logiche di competenza con comprensibili logiche di affidabilità. Relativamente all’implementazione del miglioramento del Sistema Sanitario, dovrebbero essere attivati momenti sistematici di confronto esperienziale comparando le best practice a livello internazionale e nazionale con le migliori performance attuate a livello territoriale. Questi momenti laboratoriali strutturati e temporalmente sistematici dovrebbero inoltre essere integrati da attività di coaching/formazione individualizzata e/o di gruppo rivolte a tutte le figure apicali coinvolte nei processi di gestione strategica e manageriale delle Aziende Sanitarie. Ciò al fine di valorizzare i punti di forza e di recuperare e rinforzare i punti di debolezza relativi alle competenze e alle soft e hard skill possedute e sviluppate dai manager destinatari di tali percorsi evolutivi”.
Chi è il manager ideale?
“Non vi è un manager ideale precostituito per tutte le organizzazioni. Vi sono infatti manager che sono in grado di sviluppare competenze implementando una leadership situazionale di processo. E’ questa flessibilità e capacità di declinare le proprie competenze manageriali acquisite con l’esperienza, la formazione e la motivazione professionale a fare la differenza tra un manager potenzialmente ideale e un altro puramente orientato a svolgere il proprio ruolo di responsabilità aziendale. Infatti una cosa è applicare tecniche di leadership, di problem solving e decision making , un’altra è essere leader, problem solver, decision maker. La differenza è determinata dalla naturalezza nel pensare e nell’agire, dai tempi di reazione, dall’auto percezione dell’impegno e del dispendio di risorse dedicate, dalla coerenza con il proprio sistema valoriale, dal senso di appartenenza a una certa configurazione identificativa. Chi fa, agisce artificialmente un ruolo, anche con competenza ed efficacia; chi è, esprime la propria identità e i propri valori, naturalmente con questo ruolo. Fai un lavoro che ami e non lavorerai neanche un giorno della tua vita: questo antico e diffusissimo aforisma confuciano rappresenta la sintesi della potenza di un atteggiamento congruente nello svolgimento della propria attività professionale, qualunque essa sia. Inoltre, non vi può essere leadership senza una preventiva e adeguata self leadership, non si può aspirare al ruolo di guida di altre persone senza essere in grado di guidare se stessi. I leader, quindi, sono consapevoli agenti di responsabilità ovvero generatori di competenze spesso orientate a determinare nuove possibilità che devono essere commisurate, anche eticamente, al sentimento del potere percepito. E quindi, per sentirsi ed essere effettivamente responsabili i leader devono poter agire, per lo meno a livello cognitivo, in uno stato di libertà e di equilibrio. Libertà è autodeterminazione, è essenza autentica della Persona, è congruenza identitaria e, secondo tale ottica, diviene fondamentale, per i leader, costruire contesti orientati allo sviluppo del self empowerment. In tale ottica, il manager diviene leader anche quando antepone la logica della ricerca sistematica dello sviluppo delle proprie competenze a fronte di una pur importante attenzione al valore della affidabilità al sistema. Un’affidabilità che contiene al suo interno la dimensione critica della libertà di pensiero costruttivo che invece non sempre è presente nella logica della fedeltà personale e aprioristica, logica potenzialmente pericolosa per lo sviluppo performativo delle organizzazioni”.
Quello che mi ha regalato Pier Sergio è una vera lezione di management di un profondo conoscitore della materia. Spero che queste riflessioni possano essere utili a tutti ma in particolare a chi si ritrova in una posizione di comando e vuole conoscere a fondo il proprio ruolo e come svilupparlo. Ai nuovi manager imminenti auguro buon lavoro e soprattutto grandi capacità di leadership!