Con l’aumento dei contagi e dei potenziali contagiati da coronavirus nella nostra isola, in questi giorni sta tenendo banco la questione relativa all’esecuzione dei tamponi a scopo preventivo e precauzionale. La scorsa settimana era stata la Ugl ad accendere i riflettori sulla questione, chiedendo la verifica ciclica di tutti gli operatori della sanità, in sequenza a partire da quelli che operano nel servizio 118, nei centri Covid-19, nei pronto soccorso, e quindi a tutto il personale sanitario delle strutture pubbliche e private (comprese case di riposo, comunità terapeutiche e residenze sanitarie), della medicina di base e territoriale.
“Non ci dava pace il fatto che a vip, politici e calciatori, venisse attivata la profilassi, mentre i veri protagonisti in campo venivano ignorati e su questo nostro pensiero abbiamo trovato la pronta risposta da parte della Regione Siciliana – dicono Carmelo Urzì e Raffaele Lanteri, rispettivamente segretari delle federazioni Sanità e Medici della Ugl – Con l’avanzare dei contagi, però, ci stiamo rendendo conto che ciò non basta e che le strutture deputate all’accoglimento dei tamponi sono ormai al collasso, non ce la fanno più, stanno scoppiando, avendo esaminato fino ad ora quasi 10 mila possibili casi. Adesso però, a nostro avviso, è giunto il momento di non fermarsi ed allargare la platea dei soggetti da controllare, soprattutto quelli con minimi sintomi, per evitare così nuove catene di contagio, così come hanno già fatto in altre parti d’Italia. Per questo motivo crediamo sia opportuno aumentare in Sicilia l’offerta di centri abilitati allo screening del tampone, autorizzando anche i laboratori di analisi in convenzione (in forte crisi a causa del repentino calo delle prestazioni) o il settore ospedaliero privato, attraverso un accordo ad hoc con la determinazione di una somma forfettaria a prestazione. In questo modo faremo due cose utili, evitare la chiusura di attività ed il licenziamento o l’utilizzo degli ammortizzatori sociali per i laboratori e dare la possibilità ai cittadini di controllarsi al minimo sintomo. Di conseguenza – aggiungono i due sindacalisti – occorre che la Regione prenda in mano le redini della richiesta di reagenti e tamponi, poichè stanno iniziando a scarseggiare, sganciandosi dalle logiche imposte dal Governo nazionale. Una questione che si sta ripercuotendo anche nella mancanza di dispositivi di protezione individuale, considerato che giornalmente siamo sommersi di segnalazioni che ci indicano l’azzeramento delle forniture anche nelle aziende ospedaliere dove, invece, dovrebbero abbondare anzichè mancare. Chiediamo al presidente Nello Musumeci ed all’assessore della salute Ruggero Razza di far sentire forte la voce degli operatori siciliani che reclamano strumenti per condurre questa battaglia e non scartoffie burocratiche o sistemi di committenza cervellotici. In Sicilia chi è mandato al fronte a combattere il Coronavirus deve avere le armi serie e non pistole ad acqua“.