La prevenzione di molte patologie passa dall’alimentazione, questo concetto è ormai largamente dimostrato e accettato; tuttavia non sempre quello che sappiamo sulla correlazione tra cibi e salute è corretto soprattutto se basato su conoscenze non scientificamente valide, vecchie e superficiali.
Un argomento su cui c’è ancora un po’ di confusione è la relazione tra alimentazione e ipercolesterolemia.
L’iperlipidemia è l’elevata presenza in circolo di lipidi o grassi, nello specifico colesterolo e trigliceridi; l’ipercolesterolemia, che è un tipo d’iperlipidemia, indica un eccesso di colesterolo LDL nel sangue; questa condizione aumenta il rischio di eventi cardiovascolari.
Il colesterolo è una molecola che appartiene alla famiglia dei lipidi ed è prodotta per la maggior parte dall’organismo stesso, mentre una piccola percentuale viene assimilata con l’alimentazione di tutti i giorni. Il colesterolo è presente nel sangue in diverse forme, i due tipi principali sono il colesterolo HDL ( Hight Density Lipoprotein, detto comunemente “colesterolo buono”) e il colesterolo LDL ( Low Density Lipoprotein , detto comunemente “colesterolo cattivo”).
In condizioni di salute una dieta da 2.000 kcal al giorno non dovrebbe apportare più di 250-300 mg/dl al giorno di colesterolo. Si è visto che gli acidi grassi saturi sono il fattore dietetico critico per i livelli ematici di colesterolo-LDL, è per questo che, in caso di ipercolesterolemia l’American Heart Association raccomanda, oltre al controllo del peso, anche di limitare l’introito con l’alimentazione di acidi grassi saturi al 5-6% delle calorie giornaliere e di ridurre al minimo la quantità di grassi trans. Ma come fare? È sufficiente “eliminare” carne rossa e prodotti a base di latte intero dall’alimentazione?
In realtà questo solo suggerimento è incompleto ed insufficiente. Normalmente gli alimenti ricchi di acidi grassi saturi lo sono anche di colesterolo, quindi riducendo il consumo di grassi saturi si ottiene contemporaneamente un ridotto apporto di colesterolo. Ci sono però delle eccezioni rappresentate dal tuorlo dell’uovo e in misura minore dai molluschi, ricchi in colesterolo e relativamente poveri di acidi grassi saturi ma con una buona percentuale di acidi grassi polinsaturi, che si diversificano per il numero e la posizione dei doppi legami, e che svolgono un ruolo importante nella prevenzione delle cardiopatie.
Un alimento va quindi visto in toto, nel complesso delle sue proprietà nutrizionali e in armonia con gli altri alimenti della dieta, considerando oltre la quantità anche il tipo di grassi presenti e il rapporto tra questi (un alimento con elevato rapporto grassi insaturi/saturi è da preferire).
Nella Tabella 1 mostra il contenuto lipidico di alcuni alimenti (dati CREA – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) che può essere utile ai pazienti come punto di partenza per non credere a tutto quello che si trova sul web o sui giornali senza alcuna valenza scientifica, e ai colleghi medici, nutrizionisti e dietisti come spunto per un continuo aggiornamento in una scienza come quella della nutrizione in continuo rinnovamento, che non può più basarsi su vecchi miti e superficiali conoscenze.
Per un’applicazione pratica, nella Tabella 2 è riportato il contenuto di colesterolo per porzione.