Il mondo della cronicità è un’area in progressiva crescita che comporta un notevole impegno di risorse, richiedendo continuità di assistenza per periodi di lunga durata e una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali e necessitando di servizi residenziali e territoriali finora non sufficientemente disegnati e sviluppati nel nostro Paese.
L’invecchiamento della popolazione, grazie alla medicina che consente di sopravvivere a malattie una volta mortali, pone una nuova sfida alla sanità, che sempre più dovrà occuparsi di malati cronici. Secondo i dati ISTAT la quota di anziani sul totale della popolazione è pari al 21,4% (19,6% in Sicilia) ma nel 2032, secondo le previsioni, la quota di anziani over 65 sul totale della popolazione dovrebbe raggiungere il 27,6%, con circa 17.600.000 anziani in valore assoluto.
Se una patologia in fase acuta (un infarto, un appendicite) si affronta con un intervento in una struttura come l’ospedale o la clinica privata, una malattia cronica ha connotati molto diversi. Richiede assistenza prolungata, visite periodiche, medicinali da assumere costantemente, ausili specifici, e, per i più anziani, strutture di assistenza ad hoc.
Perché si deve ricorrere alla spesa privata?
Oltre il 60% delle associazioni segnala la carenza di servizi socio-sanitari sul proprio territorio, come logopedia, riabilitazione, assistenza domiciliare, servizi di trasporto.
Secondo i dati disponibili, si può arrivare a spendere 10.000 euro all’anno solo di visite specialistiche. Avere una malattia cronica cambia la vita e si può aver bisogno di un supporto psicologico che può arrivare a costare fino a 10.000 euro.
E ancora, solo per adattare l’abitazione alle nuove esigenze (pensiamo a una persona che resti paralizzata) si potrebbero sborsare fino a 60.000 euro. Se poi si è costretti ad andar altrove per avere delle prestazioni sanitarie, bisogna mettere in conto una spesa fino a 10.000 euro tra visite e trasferta.
A questo si aggiunge una platea tra 450.000 e 670.000 persone affette da malattie che, oltre ad essere croniche, sono anche rare. La sanità pubblica è attrezzata per questa nuova realtà? La sfida non è semplice, perché serve un cambiamento radicale di approccio. Fino ad oggi cuore del sistema era l’assistenza specialistica e legata alla fase acuta, in cui il perno era l’ospedale. Un paziente cronico, invece, ha bisogno di cure continue, dal provare la pressione ogni giorno alle visite di controllo, che richiedono servizi e strutture più leggeri e flessibili.
Per affrontare queste nuove esigenze è stato varato il Piano nazionale delle cronicità, ma è chiaro che ci vorrà tempo per invertire la rotta ed assestare il sistema su nuovi canoni.
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