Nuove conoscenze acquisite nell’ambito della genetica e dell’imaging potrebbero condurre a una revisione della vecchia classificazione delle cardiomiopatie. Lo ha detto Gianfranco Sinagra, direttore Dip. Cardiotoracovascolare della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Asugi, a margine del convegno “Novità su scompenso cardiaco e cardiomiopatie” in corso al Molo IV ieri e oggi, cui partecipano oltre 500 fra medici e specializzandi di varie scuole e regioni d’Italia.
Un contributo alle nuove conoscenze in termini tecnologici e di ricerca, in parte sviluppate a Trieste, è offerto dal Registro sulle cardiomiopatie, database che contiene informazione su oltre 2mila pazienti arruolati negli ultimi 30 anni, il 50 per cento dei quali genotipizzati.
Si tratta di elementi che servono a valutare “in maniera multiparametrica il malato e stabilire per lui nel modo più preciso possibile la terapia non solo specifica per la causa ma anche per le caratteristiche – ha spiegato Sinagra – Per quanto riguarda inoltre la correzione del rischio di aritmie, permettono di stabilire anche la terapia più specifica per alcuni genotipi giudicati ‘più cattivi’, cioè alcune mutazioni di geni che maggiormente si caratterizzano in aritmie maligne potenzialmente più pericolose per la vita della persona. Questi soggetti anche dalla fase di genotipizzazione potrebbero avere un orientamento a dei dispositivi che si chiamano defibrillatori impiantabili, che servono a riconoscere e interrompere aritmie“, ha spiegato.
“Le cardiomiopatie sono caratterizzate dalla giovane età dei pazienti e dalla frequente aggregazione familiare“, che lo studio della genetica ha aiutato a chiarire.
“Lo screening della famiglia può dunque mettere in evidenza soggetti ignari della malattia, che seguendo invece raccomandazioni su stile di vita e terapie, possono cambiare l’evoluzione della malattia“, ha concluso