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A Bar Sicilia le testimonianze di due medici palermitani sopravvissuti al Covid-19 | VIDEO

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La puntata numero 135 di Bar Sicilia è dedicata a tutti i medici e gli operatori sanitari che quotidianamente lottano contro il Covid-19. Abbiamo raccolto le testimonianze di due medici dell’Ospedale Civico di Palermo, Totò Morello e Maurilio Palazzo, che si sono ammalati coronavirus e che sono riusciti a sconfiggere la malattia dopo avere attraversato i reparti di terapia sub intensiva.

Totò Morello

In Italia sono circa 250 i medici morti per Covid, senza contare quelli che hanno preso la malattia e sono morti a causa di altre patologie aggravate dal coronavirus. Senza contare infermieri, operatori del 118, Oss, Osa e gli altri operatori sanitari che quotidianamente lavorano negli ospedali a contatto con la malattia. il dottor Morello racconta i primi momenti: “Sono stato ricoverato nel mio reparto e quindi ho avuto il privilegio di essere seguito dai miei colleghi con cui lavoravo tutti i giorni. Però la paura è stata tanta. Sono arrivato in reparto dopo aver eseguito la TAC al pronto soccorso, che ha evidenziato una polmonite interstiziale bilaterale. Sono stato accolto graziosamente dai colleghi, però io non li riconoscevo neanche, perché erano tutti bardati con la loro divisa. Li riconoscevo soltanto la voce. È stato un momento estremamente toccante. E’stato in quel momento che sono passato nel ruolo di paziente“.

Maurilio Palazzo

Entrambi i medici sono stati ricoverati in terapia sub intensiva. Palazzo ricorda: “Sono stato ricoverato 12 giorni. Prima della positività riscontrata c’è stato un periodo di quarantena, durato circa 10 giorni, in cui speravo di guarire o essere fra gli asintomatici. Stavo due giorni male e due giorni meglio e speravo che questo miglioramento potesse continuare. Finché una sera stavo molto male e quindi ho preso la decisione che, qualunque fosse stato il mio stato di salute, il giorno dopo sarei comunque andato a fare degli accertamenti, che purtroppo hanno dato esito positivo al Covid“.

Morello racconta come il Covid sia un avversario subdolo, che si insinua anche dove le precauzioni vengono prese con maggiore accortezza, come in ospedale, appunto: “Il nostro rreparto, Medicina Interna, non era Covid, ora lo è, ma noi avevamo comunque tutti i presidi di protezione. C’erano tutti pazienti che avevano avuto un tampone negativo, c’era una certa sicurezza. Poi una mattina, passando la visita col dottore Palazzo, ci siamo accorti che c’era qualcosa che non convinceva. Molti pazienti avevano la febbre senza motivi particolari e quindi ci è venuto in mente di fare i tamponi molecolari. E lì abbiamo avuto il riscontro di sette-otto pazienti positivi. A quel punto abbiamo fatto tutti i tamponi e il dottor Palazzo risultò positivo, pur essendo in quel momento asintomatico. Io mi sono ‘positivizzato’ dopo tre giorni. Mi sono messo in quartena e dopo 24 ore è arrivata la febbre a 39-40 che non scendeva nemmeno con la tachipirina e che non mi ha lasciato per 12 giorni“.

Momenti difficili, in cui il medico deve fare i conti con le paure del paziente, un ruolo in cui si trova quasi all’improvviso. E lo sconforto può farsi strada, come racconta il dottor Morello: “Ho lasciato la mia famiglia, le mie figlie a casa che piangevano: ho capito in quel momento che la situazione poteva degenerare. In reparto, poi, c’era un carissimo amico mio ricoverato, poi trasferito dopo due giorni in rianimazione. Lui purtroppo non ce l’ha fatta e questo ha creato veramente uno stato di enorme sconforto. Tra l’altro in quel momento avevo la febbre alta, non potevo parlare con nessuno, e quindi mi sono veramente depresso, cosa che non è mia abitudine. Mi sono ripreso con l’aiuto dei miei colleghi del reparto, grazie all’affetto degli infermieri che sono stati dolcissimi, degli Oss che mi davano coraggio e che spesso riconoscevo dalla voce. E’ stato un grandissimo aiuto. Ci è venuto a trovare anche il mio direttore, il professore Totò Corrao. E’ stato un momento incoraggiante“.

L’appello è quello alla prudenza e alla fiducia nei medici, come spiega il dottor Palazzo: “L’atteggiamento umano di dover avere l’esperienza delle cose, alla San Tommaso, è fisiologico. Però in questa pandemia, mentre aspettiamo la terza ondata, è pure molto costoso e potrebbe costare anche un certo numero non indifferente di vite umane. L’appello che io faccio è che non per forza dobbiamo, come si dice Palermo, sbattere la faccia e avere l’esperienza diretta per renderci conto della gravità della situazione che stiamo vivendo. Lasciatevi guidare dagli esperti, ma anche in parte da quelle che sono le immagini di sofferenza che in varie trasmissioni e dei vari contributi giornalistici“.

Bar Sicilia, da IlSicilia.it 135° puntata

di Redazione
© Riproduzione Riservata
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